dal sito vidaypaz.org
Nella nostra terra…mais transgenico
Nella nostra terra, parlare di mais significa parlare di vita. Della nostra vita e di quella dei nostri avi. Il ciclo del mais è quello della nostra esistenza: il tempo della semina, della raccolta, ecc. Questo è il nostro vero calendario. Dicevano le nostre nonne e i nostri nonni che gli uomini e le donne sono fatti di mais, tanto è intima e profonda la nostra relazione con questa pianta sacra. E la nostra vita, è la nostra cultura. E’ grazie a questa nostra cultura del mais, addomesticato dai nostri antenati, che siamo sopravvissuti e che non hanno potuto farci scomparire nè i conquistatori spagnoli nè altri in tempi più recenti.
Inoltre il mais è un apporto di incalcolabile valore dei nostri popoli a tutta l’umanità. Oggi il mais e tutta la nostra vita si scontrano con una grave minaccia: quella della sua scomparsa per come lo conosciamo. Cerchiamo di spiegare perchè.
Il sistema dominante è il capitalismo, e il neoliberismo è la sua forma attuale. L’unico obiettivo che si persegue è il profitto economico. Funziona comprando merci a un prezzo e, attraverso lo sfruttamento del lavoro altrui, la vendita delle nuove merci prodotte a un prezzo maggiore. Così si guadagna il denaro. Però questo possono farlo solo coloro che già hanno un capitale iniziale per il primo acquisto di merci. Le altre persone possono solo lavorare per questi, e sappiamo che sempre ci pagheranno poco, anche se senza il nostro lavoro non potrebbero arricchirsi.
Inoltre nel sistema capitalista tutto può essere una merce. E questo succede non solo con il mais ma anche con tutto ciò che è alimentazione. Ci sono grandi imprese che vendono alimenti, altre che vendono il necessario per produrre questa o quella pianta (sementi, concimi chimici, pesticidi, ecc.) Queste imprese sostengono che producendo piante più nutritive e che danno una resa maggiore, si porrebbe fine al problema della fame nel mondo, per il quale muoiono milioni di persone. In realtà già si producono nel mondo più alimenti di quelli necessari al fabbisogno di tutta la popolazione. Però i paesi del Nord che sono il 25% della popolazione mondiale, consumano il 75% degli alimenti prodotti, lasciando solo il restante 25% ai paesi del Sud che costituiscono i8l 75% della popolazione. Gli scienziati, pagati dalle grandi imprese, stanno cercando di ottenere piante " migliorate ", vogliono cioè fare in pochi anni quello che la natura e i nostri antenati hanno fatto nel corso di migliaia di anni. Le loro scoperte consistono nel creare piante che resistano al freddo per poterle coltivare in qualunque luogo, o piante che non vengano danneggiate dai veleni diserbanti e che continuino a crescere mentre l’ambiente circostante muore. E questi risultati li ottengono attraverso la manipolazione genetica delle piante, gli organismi geneticamente modificati (OGM). Però tutte queste ricerche non hanno dimostrato quali effetti possa avere sulle persone mangiare questi alimenti transgenici. E ci sono stati casi di gravi danni come, per esempio, nel caso di un alimento che aveva geni di un batterio e che ha provocato reazioni allergiche mortali. Vediamo il caso concreto del mais transgenico. Questo mais è già qui. Sono i cosiddetti "semi migliorati", i semi venduti dall’impresa multinazionale Monsanto. Sono sicuramente già conosciuti e usati anche qui da noi. E si sono dati casi di contaminazione del mais indigeno e forse in futuro avremo solo mais transgenico che si deteriora più rapidamente e necessita di più veleni per crescere. Nel mais che il Programma Alimentare Mondiale ha dato come donazione e aiuto per la carestia dell’anno scorso in Guatemala, c’erano tre varietà di mais transgenico. La "Maseca" è fatta con mais transgenico degli Stati Uniti che sono il principale produttore di questi semi. Nel Petén dovremmo fare delle verifiche sul mais che il MAGA sta consegnando alle comunità. Dieci grandi imprese controllano la totalità delle vendite di semi OGM nel mondo. Sono tutte nordamericane, europee e giapponesi, come Monsanto, DuPont o Aventis. Inoltre esiste la tecnologia "terminator" che consiste in modificazioni genetiche delle piante che fanno i che i semi ottenuti da queste siano sterili e non possano essere ripiantati. Così ogni anno è necessario ricomprare i semi da queste imprese. Immaginiamo cosa succederebbe se sparisse il mais indigeno queste imprese non solo vendono i semi, ma obbligano i contadini a firmare contratti che gli impongono di comprare i prodotti di quella impresa: i suoi concimi, i suoi erbicidi, ecc. Le conseguenze di questa situazione sono molto gravi : attualmente in Guatemala esistono 590 specie di mais, siamo il terzo paese al mondo con la maggiore diversità di mais, e in pochi anni queste potrebbero sparire, il che sarebbe anche un modo di uccidere la nostra cultura. Ma non c’è solo questo, durante il governo di Alvaro Arzu fu approvata una legge che abbassava le tariffe doganali e questo lasciò entrare nel paese mais prodotto negli USA. Perchè favorire l’importazione di mais da un altro paese, quando qui un quintale di mais è già pagato una miseria? Secondo il ministero dell’economia solo nel 2000 sono state importate 474.000 tonnellate di mais giallo e 35.000 tonnellate di mais bianco, nel 2001 sono state rispettivamente 452.000 e 60.000. E un’alta percentuale di questo mais era transgenico, che significa che il nostro mais è stato contaminato. Inoltre migliaia di contadini si sono trovati senza lavoro e senza mezzi di sopravvivenza a causa del grande ribasso dei prezzi del mais prodotto localmente. In più la nostra terra rischia in pochi anni di non essere più fertile a causa dei prodotti chimici e della contaminazione provocata da questi semi. Questo significa che la nostra sovranità alimentare è minacciata e che dipenderemo sempre di più dagli Stati Uniti per ottenere il nostro sacro mais!! Nel quadro delle politiche neoliberiste e del Plan Puebla Panama stanno portando avanti una forma di "maquila" della produzione alimentare: innanzitutto i semi sono proprietà privata delle imprese multinazionali e dobbiamo comprarli a prezzi troppo alti; secondo insieme ai semi dovremo comprare dalle stesse imprese fertilizzanti, insetticidi e pesticidi. Noi metteremo la manodopera a basso costo, la terra e l’acqua e tutta la cura necessaria alla raccolta dei prodotti. E alla fine tutti i raccolti saranno esportati in altri paesi. Cioè qui resterà solo la gente, la terra e l’acqua sfruttate dalle grandi fattorie e ai contadini non resterà neanche un pezzo di terra per seminare il proprio mais e i propri fagioli. Il basso prezzo dei prodotti agricoli è una delle cause principali della povertà nelle campagne, e non solo il prezzo del mais è colpito ma anche quello di molti altri prodotti come i fagioli, il legno, ecc. Gli intermediari commerciali continuano ad avvantaggiarsi comprando i nostri prodotti a prezzi troppo bassi, così che non riusciremo ad uscire dal circolo dello sfruttamento, perchè le grandi imprese multinazionali e i ricchi del paese sono quelli che beneficiano dei nostri sforzi nel quadro del sistema capitalista.
E’ necessario cercare altre forme di commercio tra le nostre comunità per rompere il circolo dello sfruttamento.
Possiamo pensare a forme di interscambio di prodotti e servizi, o pensare di cercare mercati con organizzazioni a livello locale, nazionale e internazionale che vogliano comprare prodotti derivati da semi indigeni e trattati con concimi biologici per garantirsi una dieta più sana e un prezzo giusto. Cominciamo a costruire la solidarietà tra le nostre comunità e organizzazioni per creare altre possibilità di commerciare e relazionarci. Produciamo e commercializziamo in modo sano e solidale.
Abbiamo il diritto di sapere quali alimenti sono stati modificati geneticamente prima di comprarli per poter scegliere. Inoltre prodotti OGM proibiti in Europa, Giappone e Stati Uniti, li vengono a vendere nei nostri paesi poveri senza che i nostri governi facciano niente per impedirlo.
Quello che possiamo fare è condividere con tutto il mondo le informazioni su cosa sono e cosa possono provocare gli OGM. Non smettere di piantare il nostro mais indigeno e anzi difenderlo con forza. E unirci con i contadini di tutta l’America e del mondo in questa lotta che è appena cominciata. Non si tratta solo di rifiutare gli OGM ma anche tutto quello che c’è dietro, il capitalismo che li crea e li ha resi possibili. E’ nelle nostre mani la possibilità di costruire alternative perchè il mais e la nostra cultura non scompaiano e perchè possiamo vivere con dignità e come noi, e non altri, decidiamo.
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