Intervista con un esponente della Commissione interecclesiale Justicia y Paz (Colombia)

Colombia: tra Neoliberismo e Paramilitarismo La situazione della Colombia non è slegata da quella di tutti gli altri  paesi dell’America Latina e in generale del sud del mondo che dall’epoca coloniale ad oggi sono stati destinati alla produzione di materie prime ed i cui popoli sono stati sfruttati come manodopera a basso costo per gli imperi coloniali e  neocoloniali. La garanzia dello sfruttamento delle risorse naturali, di cui hanno bisogno le grandi potenze industriali, ha implicato il rafforzamento degli apparati militari nel mondo; nel caso colombiano lo sfruttamento delle risorse naturali si realizza su territori abitati da contadini, popoli indigeni e afrodiscendenti [1] che hanno sviluppato, contro i tentativi di sfruttamento, diverse forme di resistenza. Per fare fronte alle forme di resistenza che le comunità hanno sviluppato è stato necessario, da parte degli stati, lo sviluppo di una strategia: una strategia di tipo militare e una di tipo sociale funzionale alla prima.

Quello che succede, in particolare nella situazione colombiana, si può comprendere nel quadro del consolidamento di alcuni grandi progetti strategici: L’ALCA (Acuerdo de Libre Comercio de las Americas) che pretende di subordinare tutti i paesi dell’America Latina agli interessi USA. Questo trattato vuole estendere il modello già applicato con il NAFTA (Trattato di Libero Commercio tra USA, Canada e Messico) che ha praticamente rovinato il Messico, incrementando gli indici di povertà mentre ha permesso una maggiore accumulazione di ricchezza ai capitalisti che hanno trovato zone franche, senza tasse, hanno trovato aree in cui il costo della manodopera è 5 volte più basso di quello dei paesi d’origine delle imprese, hanno trovato il favore e la collaborazione dei governi locali. Questo modello, già applicato al Messico, vogliono estenderlo a tutta l’America Latina attraverso l’ALCA. In Sud America i principali sostenitori di questo piano sono i governi del Cile, che ha già firmato, e quello della Colombia, che in questo momento è il principale alleato degli USA e del capitale internazionale. Sebbene quest’accordo sia ancora in discussione in Colombia, le condizioni favorevoli alla sua realizzazione sono state create a partire dagli anni ’90 con il governo di César Gaviria quando si realizza la cosiddetta "Apertura Economica" che è la premessa per l’ALCA. Questo ha implicato per la Colombia la progettazione di opere infrastrutturali e la divisione del territorio colombiano in settori di produzione in base alle risorse naturali di cui le aree della Colombia sono ricche: il Petrolio, la produzione Agroindustriale e l’Acqua. Per questo si sta adeguando il territorio colombiano. Per esempio: il canale interoceanico attraverso l’unione del rio Atrato e del rio Truandó nel nord occidente del paese, la costruzione della Panamericana, asse di collegamento stradale dal Messico all’Argentina, l’unione del rio Meta con il rio Orinoco che collegherebbe Bogotá con Caracas e con i porti del Venezuela; la costruzione della strada Uracá-Maracaibo che vuole garantire lo sfruttamento delle risorse naturali ancora non sfruttate della selva del Chocó.  Allo stesso modo nel sud avremo la costruzione della strada Orito-Putumayo e l’unione di dieci fiumi che arrivano fino al rio De la Plata in Ecuador con l’obiettivo di unire attraverso strade e canali fluviali tutta l’America Latina per lo sfruttamento intensivo della Selva Amazzonica. Questo per quanto riguarda le infrastrutture.Nello stesso tempo stanno sviluppando grandi progetti di sfruttamento minerario e del petrolio nella regione di Putumayo. Nel caso dell’Urabá lo sfruttamento della palma da olio che sarà il futuro combustibile, dall’olio si produrrà il bio-diesel, da qui lo sviluppo della coltivazione intensiva di questa pianta. Tutti questi progetti di infrastrutture e di produzione agroindustriale si sviluppano in territori abitati da contadini proprietari di piccole parcelle di terreno o in terre di proprietà collettiva di comunità indigene e afrodiscendenti.In diverse occasioni lo stato ha offerto ai contadini di comprare le loro terre e di ricollocarli in altre aree ma a condizioni inaccettabili: prima di tutto le offerte di acquisto non erano adeguate al valore della terra, secondo spostarsi da un territorio ad un altro significa perdere tutto il tessuto culturale costruito in centinaia di anni.Di fronte a questo rifiuto dei contadini si è sviluppata la strategia paramilitare. Cioè, gruppi armati dallo stato che entrano nelle terre dei contadini e sgomberano la popolazione "col sangue e col fuoco", con il terrore. Il caso più rilevante di sgombero forzato in questi territori è stata l’operazione militare chiamata "Operazione Genesi" con cui nel 1997 furono sgomberate nel nord del paese circa 20.000 persone. Gli sgomberi furono eseguiti con bombardamenti dell’aviazione, mitragliamenti con elicotteri, ed a terra con assassini di massa da parte dei paramilitari legati alla Brigata 17 dell’esercito colombiano. La scusa ufficiale era che gli abitanti dell’area erano collaboratori della guerriglia e che l’operazione aveva come obiettivo la protezione della gente dalla presenza guerrigliera. In realtà è noto come in queste zone la presenza della guerriglia non fosse significativa e la zona non fosse strategica per essa. Questa gente sgomberata è rimasta lontana dalle proprie terre per 3 anni fino a che non decisero di tornare grazie anche alla costituzione di una rete internazionale di appoggio che gli garantisse l’incolumità da militari e paramilitari.Il lavoro di Justicia y Paz (JyP) è stato quello di aiutare queste persone a comprendere quello che gli era successo. La maggior parte delle comunità afrodiscendenti che abitavano il territorio dell’Urabá, infatti, non capiva il perchè dei bombardamenti subiti, dei massacri, degli squartamenti dei familiari, ecc., compiuti da gruppi paramilitari che hanno l’obiettivo di sgomberare la gente ma anche quello di seminare il terrore, che non uccidono semplicemente, ma lo fanno in modo scioccante. Le persone venivano squartate vive di fronte alla comunità, tagliavano le teste e ci giocavano a calcio, tagliavano una mano, una gamba.Tutto questo per ottenere il controllo del territorio e della popolazione attraverso il terrore. Le persone che decidono di restare nelle proprie terre, ci restano sotto pressioni e minacce dei paramilitari e quindi costretti ad accettare le loro condizioni. Le condizioni sono state quelle di accettare i progetti macroeconomici presentati dalle multinazionali e dal capitale privato nazionale. Nel caso dell’Urabá, ad esempio, accettare la coltivazione di palma da olio o di banane, concedendo le loro terre e diventando dipendenti delle grandi imprese. Nel caso della coltivazione del banano la maggior impresa è la Multifruit Company che è statunitense, nel caso della palma le maggiori sono la Urapalma e CodeChocó, dietro le quali ci sono capitali inglesi e colombiani. Ci sono anche imprese che sfruttano il legname tra cui una di proprietà dell’ex-presidente Ernesto Samper Pisano che sta realizzando una deforestazione illegale in zone di comunità afrodiscendenti con la protezione dell’esercito, dei paramilitari e dello stato, a loro volta finanziati da queste imprese. Questa è l’operazione Genesi che si è realizzata simultaneamente nell’Urabá Chocoano, nel Urabá Antioquiano, nel Meta, nell’Ariari, nel Putumayo. Possiamo dire che la strategia del terrore in Colombia ha avuto come obiettivo quello di garantire il controllo del territorio, l’estrazione delle risorse naturali e l’agroindustria. Questo è quello che si è realizzato con il paramilitarismo. Per realizzare questi obiettivi sono state distrutte le organizzazioni comunitarie, i sindacati, ecc., quando non sterminandoli, cooptandoli attraverso il terrore. Per questo si può dire paradossalmente che la sinistra in Colombia è forte e al tempo stesso debole. Forte perchè non è scomparsa totalmente e la gente resiste in mille modi all’aggressione, debole perchè colpita brutalmente.Le comunità sono organizzate ed hanno una concezione dello sviluppo discussa democraticamente al loro interno che si contrappone alla proposta di vita, o meglio di morte, del capitale internazionale. Mentre i contadini cercano una produzione agricola in cui i padroni siano essi stessi attraverso l’organizzazione, il capitale privato propone la creazione di imprese in cui il padrone è unico o un piccolo gruppo e i contadini sono la manodopera a basso costo al suo servizio. Sono due visioni antagoniste.I contadini propongono una produzione agricola che non implichi la distruzione della natura ma anzi, la sua conservazione, i grandi progetti agroindustriali del capitale, invece, implicano la distruzione delle foreste, la scomparsa dei fiumi, l’inquinamento delle acque, come succede nei territori in cui è stata piantata la palma da olio dove hanno deviato i fiumi lasciando intere aree senza acqua per irrigare le monocolture. Il capitale non discute i propri progetti con le comunità di questi territori, non parla con i proprietari dei terreni che sono generalmente poveri ma impone, attraverso la forza ed i massacri collettivi, i propri progetti. Politica del e politica nel Terrore Quello che succede oggi è quello che è sempre successo nella storia colombiana sennonché sempre più, nel tempo, la strategia repressiva si è perfezionata e l’elemento che ha inasprito i meccanismi della repressione è stata la nascita del paramilitarismo. Fino a qualche anno fa, in Colombia, si parlava dello Stato e del Paramilitarismo come due cose distinte. Come se i paramilitari fossero persone che, agendo di propria iniziativa, favorissero gli interessi dello stato. Oggi non si parla più in questi termini: con il passare degli anni e analizzando la nascita dei gruppi paramilitari si capisce chiaramente come il paramilitarismo sia una strategia dello stato tesa al perfezionamento della repressione. I paramilitari, per la maggior parte della loro storia, sono stati legali e sono stati creati sotto l’egida di una legge del 1964, la legge 3/65 che autorizza le forze armate a creare gruppi di civili ed a dotarli di armi per la propria "autodifesa". L’elaborazione e l’approvazione di questa legge, da parte del congresso colombiano, avvengono su "suggerimento" degli Stati Uniti d’America. Nello specifico il Generale McNamara che nel 1962, in piena guerra al comunismo, arriva in Colombia e suggerisce che la miglior forma per combattere il comunismo nel mondo è quella di formare gruppi armati di civili che possano compiere quelle azioni repressive che lo stato non può compiere costituzionalmente. E’ con questa legge del ’64, quindi, che nascono e si armano i primi gruppi paramilitari che opereranno con più forza negli anni ’80 e ‘ 90, in particolar modo tra l’ 85 e il ’90. Nel 1987, pagati dal narcotraffico, vengono inviati in Colombia militari da Israele con compiti di formazione e appoggio ai paramilitari. In quell’anno arriva il noto istruttore israeliano Yair Klein. Nel reportage del giornalista italiano Guido Piccoli si conferma che quest’istruttore venne contattato in Israele da ufficiali dell’esercito colombiano per poi formare, nella regione del Magdalena Medio, quei gruppi paramilitari che opereranno con brutalità a partire dal 1988 e negli anni ’90 producendo con massacri, torture e uccisioni quasi 4 milioni di sfollati colombiani. La strategia paramilitare serve allo stato ed alle sue forze armate per salvarsi la faccia; la versione ufficiale è infatti che in Colombia esistano tre forze armate, la Guerriglia, i Paramilitari e lo Stato, che le combatte entrambe. Questa è l’immagine che permette di occultare il fatto che il paramilitarismo in Colombia è stata ed è una politica di stato. La prova più eloquente è la legge che permette il perdono dei crimini commessi dai paramilitari in cambio di denaro, senza prevedere alcuna forma di risarcimento per le vittime e per coloro che hanno perso i propri familiari e le proprie  terre negli ultimi 20 anni: in poche parole l’impunità.Da sempre, però, la repressione è stata legata all’espropriazione della terra, alla produzione ed allo sfruttamento delle risorse naturali. Ne è un esempio il caso della prima agro-industria colombiana, quella delle banane, del riso, della canna da zucchero, del cotone. Questo tipo di agro-industria nacque in Colombia negli anni ’50, ’60, ’70 in territori da cui erano stati sgomberati i contadini nel corso di una "guerra" durata 20 anni ricordata come "l’epoca della violenza". Furono sgomberati ed espropriati della terra 1.200.000 contadini che si rifugiarono nelle città, mentre nelle loro terre nascevano le grandi imprese agro-industriali già elencate. La forma di accumulazione della ricchezza in Colombia è andata sempre di pari passo con l’espropriazione della terra e con lo sfollamento della popolazione. Storicamente la Colombia è stata governata da due partiti che appartengono ai settori dominanti e sono il Partito Liberale (PL) ed il Partito Conservatore (PC). All’inizio il PL difendeva gli interessi dei grandi commercianti che pensavano ad un’economia di esportazioni, mentre il PC era maggiormente legato alla chiesa cattolica ed ai grandi proprietari terrieri di origine coloniale. Questi due partiti nati circa 150 anni fa hanno avuto per tutti questi anni il monopolio del potere, fino ad oggi il Governo del paese non è mai stato retto da altre forze politiche. Quando ci sono state delle possibilità per altri attori politici, della sinistra o dei movimenti sociali, di arrivare al potere per via democratica la classe dirigente colombiana ha messo in atto una strategia di assassini. Assassinati sono morti Jorge Eliecer Gaitán nel 1948, Jaime Pardo Leal dirigente della Union Patriotica, nel 1987, Carlos Pizarro, di un movimento guerrigliero che aveva lasciato le armi per usare la via legale, nel 1989; in tutti e tre i casi si trattava di candidati alla presidenza della repubblica, con fortissime probabilità di vincere, uccisi poco prima dello svolgimento delle elezioni; questo solo per citare i casi più rappresentativi. Sono stati migliaia i dirigenti politici assassinati negli ultimi 20 anni. In Colombia c’è una media di 175 sindacalisti assassinati ogni anno che costituiscono l’80% dei sindacalisti assassinati nel mondo senza contare i dirigenti contadini che non erano propriamente sindacalisti ma leader popolari. In questo modo si è mantenuto il monopolio del potere politico in mano a questi due partiti rappresentanti dei settori forti colombiani.  

Forme di resistenza collettiva: le Comunità come organizzazione integrale 

Contro questo monopolio sostenuto col sangue e col fuoco sono nate diverse forme di resistenza; da forme di resistenza civile come quelle delle "comunità di pace" o "comunità in resistenza" fino ai gruppi guerriglieri che nessuno, nemmeno il governo, può permettersi di negare che siano nati a causa della totale chiusura politica e della impossibilità di partecipazione democratica all’esercizio del potere. Da qui nascono le organizzazioni guerrigliere che esistono ancora oggi. Queste però non sono l’unica forma di resistenza, sono nate anche organizzazioni per i diritti umani per denunciare le violazioni commesse e diverse forme di movimenti contadini e indigeni. Justicia y Paz, ad esempio, è un’organizzazione di difesa dei diritti umani che nasce nel momento in cui comincia ad attuarsi la strategia paramilitare. Nasce propriamente per raccogliere le informazioni su ciò che stava succedendo in Colombia dal momento che i massacri e gli assassini avvenivano principalmente nelle campagne senza che l’opinione pubblica nemmeno lo sapesse e lo denunciasse. Quindi un primo lavoro fu quello di raccogliere le informazioni sui crimini in atto e denunciarne i responsabili. E’ stato un lavoro lungo che si è prolungato fino ad oggi. Il lavoro attuale consiste non solo nel denunciare le violazioni dei diritti umani, nell’esigere la verità sugli autori dei crimini e la loro condanna e il risarcimento delle vittime ma anche nell’accompagnare le comunità nelle terre da cui sono state espulse. Gente che ha scelto, come forma di resistenza, non la lotta armata, ma la resistenza civile nei propri territori, che ha voluto portare avanti il proprio progetto di vita nel territorio in cui è nata, difendendolo e difendendo un modo diverso di organizzazione, di produzione, di educazione: queste sono le "comunità di pace" o "comunità in resistenza" colombiane accompagnate e appoggiate da Justicia y Paz. Una comunità si organizza non solo sotto l’aspetto politico ed economico ma su un progetto integrale: si realizzano proposte per l’economia, ma anche per la salute, che implicano il recupero di conoscenze ancestrali che le comunità hanno sulle malattie e le cure. Queste conoscenze sono diverse in tutto e per tutto dal modello sanitario dominante nel sistema capitalista che sembra più un affare economico delle grandi industrie farmaceutiche che non la ricerca del benessere sociale. Lo stesso avviene nell’ambito dell’educazione: nelle nostre comunità pensiamo che la lotta sul piano educativo non sia solo per l’istruzione pubblica, cioè perchè lo stato finanzi l’educazione. Crediamo che si debba riformare la concezione di educazione pubblica che esiste attualmente. Questa è una concezione dell’istruzione funzionale alla produzione economica e con un’organizzazione di tipo "militare", gerarchica e nozionistica. Bisogna invece pensare ad un altro tipo di educazione a misura delle necessità e delle inclinazioni dei bambini e dei ragazzi che ne sviluppi le potenzialità e non le distrugga, che formi persone all’altezza di una nuova forma di società e alle politiche dell’organizzazione comunitaria; non una formazione da meri funzionari che induce a studiare solo per la propria futura condizione economica individuale. Questo vale per tutte le sfere: salute, educazione, produzione agricola e cultura. Pensiamo che la comunità abbia molti valori, che abbia prodotto in centinaia di anni grandi conoscenze che debbano essere valorizzate e potenziate. Tutto questo, però, non è preso in considerazione dallo stato. Lo stato pensa solo alla produzione di ricchezza intesa  come ricchezza non collettiva ma solo per pochi come è sempre successo in Colombia. Gli stessi dati del Governo Colombiano mostrano che l’indice di concentrazione della ricchezza in poche mani è aumentato, mentre è cresciuta la povertà per la maggioranza delle persone. Nel caso Colombiano l’80% delle persone sono povere, vivono in condizioni di miseria e solo il 20% gode di condizioni di vita dignitose e della ricchezza.Questo processo di riorganizzazione delle comunità e di riappropriazione delle terre, ha implicato necessariamente la creazione di una rete di appoggio a livello internazionale, dagli USA, dal Canada, da diversi paesi d’Europa che, insieme al coraggio di chi vive nei territori, è l’unica cosa capace di garantire la vita di queste persone. 

Internazionalizzare la Lotta e la Solidarietà 

In Colombia in tutti gli anni di lavoro di JyP si è riscontrata la totale inadempienza del sistema della giustizia statale, per questo si ricorre all’appoggio internazionale facendo pressioni sullo stato colombiano affinché garantisca la vita di queste persone che riescono a farsi rispettare nei propri territori e riescono a far rispettare i propri processi organizzativi. JyP accompagna queste persone che decidono di restare nel loro territorio, di non piegarsi di fronte alle minacce, alle intimidazioni, agli assassini dei paramilitari ed ai programmi delle multinazionali che operano nelle loro terre.Uno dei punti forti del lavoro in difesa dei diritti umani è il ricorso alla Solidarietà Internazionale, alla sensibilità morale internazionale per la difesa della popolazione civile che è la più colpita nella realtà del conflitto armato Colombiano, nei fatti la maggior parte degli assassinati, dei dispersi, dei torturati in Colombia sono popolazione civile inerme.  Fa parte di questo lavoro  la denuncia delle violazioni alla Corte Interamericana dei Diritti Umani alla OEA (Organizzazione Stati Americani) e all’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite). I pochi casi in cui lo stato colombiano è stato giudicato come colpevole e obbligato al chiarimento dei fatti ed al risarcimento delle vittime sono stati su sentenze di ordine internazionale che hanno obbligato lo stato a riconoscere alcuni crimini come crimini di stato come ad esempio il “massacro di Trujillo”. Un’altra forma di denuncia che utilizziamo è quella del ricorso a Tribunali Internazionali di Opinione che abbiamo già realizzato a Barrancabermeja, in Canada e l’ultimo a Parigi. In questi tribunali delle equipe di giuristi e avvocati riconosciuti a livello internazionale compiono delle indagini sui fatti ed emettono delle sentenze che hanno un  valore di tipo morale. Tra il 15 e il 24 Febbraio organizzeremo un Tribunale, il Tribunale per la Biodiversità dei Popoli, dove si incontreranno persone del Canada, degli USA e d’Europa per visitare le comunità che sono state massacrate, violentate, sgomberate dalle proprie terre. Questo incontro ha l’obiettivo di stringere relazioni internazionali, raccogliere testimoni e condannare moralmente le multinazionali che compiono questi crimini e queste barbarie. Ovviamente sono invitati tutti e tutte gli interessati.


[1]              Popolazioni discendenti dagli schiavi africani