Le Zone Umanitarie: una esperienza di affermazione dei diritti

La Commissione interecclesiale Justicia y Paz della Colombia nasce intorno alla metà degli anni ’90 come organismo di difesa dei diritti umani, con l’obiettivo di denunciare, di fronte all’opinione pubblica ed alle istituzioni giudiziarie nazionali  e internazionali, i crimini commessi dalla stato colombiano, attraverso l’esercito e i paramilitari, contro la popolazione civile ed ogni espressione di opposizione, chiedendo la punizione dei colpevoli e il riconoscimento e il risarcimento delle vittime. In particolare una politica pianificata di minacce, sparizioni e massacri ha prodotto lo sfollamento forzato di decine di migliaia di contadini dalle loro terre, consegnate a grandi imprese colombiane ed estere per lo sfruttamento delle risorse naturali (petrolio, acqua, legname) e per la coltivazione estensiva, soprattutto di palma africana o da olio. Dal 2000 Justicia y Paz svolge un ruolo di accompagnamento e protezione di quelle comunità contadine, indigene e afrodiscendenti che hanno deciso di riprendersi le proprie terre o di resistere ai tentativi di sfollamento, dando vita a Zone Umanitarie organizzate, al loro interno, su criteri alternativi per quanto riguarda i processi decisionali e partecipativi, le forme della produzione, le strutture e i contenuti educativi e sanitari.  

La Palma e il Paramilitatrismo

Dall’ottobre 1996 fino ad oggi, nei Territori Collettivi del Curvaradó e Jiguamiandó[1], si sono verificati 113 crimini: assassini, sparizioni e 15 sfollamenti forzati. Lo sgombero violento di afrocolombiani e meticci dalle terre di loro proprietà, legalmente riconosciuta dal governo, per opera di strutture paramilitari con l’appoggio, la tolleranza e l’assenso della Brigata 17 dell’esercito, ha coinciso con la semina illegale di palma da olio da parte di imprese come Urapalma, Palmato, Palmura, Agropalma, ecc.

Nell’aprile del 2006 il signor Enrique Petro, abitante da oltre 40 anni nel Curvaradó, è ritornato nella sua proprietà con altre decine di contadini meticci e afrocolombiani, sfollati forzatamente 10 anni fa. Nella sua terra, all’interno del Territorio Collettivo del Curvaradó, ha costituito una Zona Umanitaria o Zona neutrale. Questo dopo aver dimostrato, attraverso l’intervento della Commissione Interamericana per i Diritti Umani sul governo colombiano, di essere il legittimo proprietario di 150 ettari e aver denunciato che 120 di questi sono stati illegalmente seminati a palma e solo 30 sono rimasti intatti.Nonostante che la sua terra non sia oggetto di contese giudiziarie, come conferma una Risoluzione di INCODER[2], e nonostante le ripetute dichiarazioni del ministro Andres Felipe Arias, uno dei negoziatori del Trattato di Libero Commercio con gli USA, che 25.000 ettari devono essere restituiti agli abitanti del Curvaradó, il signor Petro non può vivere con tranquillità nella sua terra. Dopo un attentato contro la sua vita alcuni anni fa, è stato recentemente minacciato di morte con la sua famiglia. I suoi accompagnatori nazionali e internazionali hanno ricevuto gli stessi avvertimenti da parte dei lavoratori della palma e dei paramilitari. Familiari dei fratelli Castaño Gil (che sono stati a capo delle organizzazioni dei paramilitari raccolte a livello nazionale nelle Autodefensas Unidas Colombianas), disconoscendo i suoi diritti, gli hanno fatto forti pressioni perché ceda la proprietà della terra. Vicente Castaño, in relazione alla Palma da olio, ha affermato, sulla rivista Semana del giugno 2005: “Nell’Urabá[3] abbiamo coltivazioni di palma. Io stesso ho trovato gli imprenditori che investissero in questi progetti che sono duraturi e produttivi. L’idea è di portare i ricchi a investire in questo tipo di progetti in differenti zone del paese. Portando i ricchi in queste zone, arrivano anche le istituzioni dello stato. Purtroppo le istituzioni dello stato si muovono solo quando ci sono i ricchi. Bisogna portare i ricchi a investire in ogni regione del paese e questa è una delle missioni che hanno tutti i comandanti (paramilitari).” Un comandante paramilitare, conosciuto come “Doppio zero”, che è stato assassinato a Santa Marta dai suoi stessi compagni, aveva dichiarato che la Palma dell’Atrato[4] “grondava sangue ed era un meccanismo per il riciclaggio di denaro”. Nessuna di queste affermazioni pubbliche è stata sufficiente perché intervenissero effettivamente la Procura Generale della Nazione e il Presidente Uribe.Recentemente popolazioni che hanno costituito Zone di Biodiversità, Zone di protezione e recupero dell’ambiente, sono state minacciate da nuovi gruppi paramilitari come le “Aquile Nere”. Alcuni dei paramilitari smobilitati si trovano coinvolti in progetti produttivi sviluppati in Territori Collettivi, senza il consenso dei legittimi proprietari, e alcuni di loro hanno partecipato ai lavori svolti in modo illegale nella proprietà di Enrique Petro. Negli ultimi giorni in seguito ad un’azione giudiziaria del Giudice Promiscuo di Riosucio, municipio dell’Atrato, Enrique Preto ed esponenti dell’organizzazione Justicia y Paz sono stati avvisati attraverso la radio locale di essere accusati di occupazione abusiva e di un ordine di sgombero dalla proprietà che Enrique Petro ha legalmente abitato per gran parte della sua vita. L’assurdo giudiziario si somma alla serie di falsificazioni e procedimenti fraudolenti da parte degli imprenditori e alla pressione dei paramilitari a partire dal 1996. Il Procuratore Generale della nazione Edgardo Maya Villazon, si è espresso sul Progetto di Sviluppo Rurale in discussione al Congresso, affermando al quotidiano El Espectador che: “Sembrerebbe che il suo principale obiettivo (del Progetto) sia legittimare le coltivazioni di palma nei territori dei Consigli Comunitari di Jiguamiandó, Curvaradó e Alto Mira e Frontera  (Chocó[5]), sviluppandoli senza il consenso delle legittime autorità, nel quadro di sistematiche e ricorrenti violazioni dei diritti umani, minacce e assassini contro coloro che si oppongono.” Alle azioni violente hanno fatto seguito una serie di crimini ecologici in un territorio dichiarato Riserva forestale, Zona di protezione speciale ambientale, secondo la legge 57 del 1962. La palma da olio è stata seminata in 25.000 ettari su un territorio di 50.000, tra Curvaradó e Jiguamiandó. L’habitat di oltre 5.000 dei loro abitanti originari, in una delle aree con maggiore biodiversità nel mondo, è stato sostituito dalla coltivazione illegale di palma da parte di grandi imprese. Coltivazione realizzata in terre di comunità forzatamente sfollate e dove oggi esiste una forte presenza militare della Brigata 17 e di nuove sigle paramilitari derivate dal Bloque “Elmer Cardenal” in fase di smobilitazione.Studi scientifici dimostrano che questa palma del Curvaradó, non solo è coltivata sulla base della violazione dei diritti umani, ma anche sulla distruzione di un bene dell’umanità.  Questi studi indicano che la palma che oggi è coltivata, comporta la distruzione di zone tropicali umide, che producono per un periodo di 40 anni dopo il quale si desertificano e rendono impossibili nuove semine o la riforestazione.La coltivazione estensiva di palma da olio nel basso Atrato, è un progetto voluto e sostenuto anche dall’Unione Europea, finalizzato alla produzione di biocombustibili nel quadro delle politiche per limitare il riscaldamento globale. E’ però un progetto realizzato sulla base della distruzione di vite umane, di crimini di lesa umanità, di crimini ambientali e di una pacificazione forzata nella quale i carnefici appaiono come vittime. 

Commissione interecclesiale di Giustizia e Pace 



[1] Aree del nord-ovest della Colombia, vicino al confine con Panama

[2] Instituto Colombiano de Desarrollo Rural

[3] Regione del nord-ovest colombiano

[4] Fiume che scorre nella regione di Urabá

[5] Sempre nel nord-ovest colombiano