Accordi economici Venezuela-Colombia. Chi ascolta il popolo colombiano?

Attraverso diversi mezzi di comunicazione, siamo venuti a conoscenza della concretizzazione della prima fase di un progetto energetico di grande portata. Si tratta del gasdotto che unirà Maracaibo, in Venezuela, con Punta Ballenas nella Guajira colombiana. L’otto luglio passato i presidenti Uribe e Chavez, con la presenza di Torrijos, presidente di Panamà, hanno fatto la prima riunione che ha inaugurato la costruzione del gasdotto. Questo fatto si inquadra nelle già note pretese del mercato globale dell’energia, articolate nella Iniziativa per l’Integrazione dell’Infrastruttura Regionale Sudamericana (IIRSA) e nel SIEPAC (Sistema di interconnessione Elettrica per l’America Centrale), nei quali l’impresa colombiana ISA (Interconnessione elettrica S.A.) è coinvolta.Da un lato e dall’altro della frontiera, il popolo originario Wayú e, in Colombia, i meticci, gli afrodiscendenti e gli indigeni sono stati sorpresi dagli effetti del pragmatismo politico, che annuncia "venti di progresso" costruiti sull’impunità dei crimini di lesa umanità, sulla negazione del diritto all’esistenza e sulla distruzione ambientale. La simbolica presenza del presidente di Panama all’incontro, ha lasciato intravedere quello che già da tempo abbiamo ripetutamente affermato. Il gasdotto non è che l’inizio di altre opere di infrastruttura energetica, che si progettano a medio termine, per unire la Colombia con il Centro America, come per esempio un altro gasdotto verso Panama o l’interconnessione energetica con questo paese, che tanto sembra interessare al presidente Uribe.Pochi giorni dopo questa inaugurazione, Uribe si è recato a Panama per la riunione dei capi di governo dei paesi coinvolti nel Plan Puebla Panamá. Qui, dopo un attento lavoro diplomatico, il “presidente di alcuni colombiani” ha ottenuto che la Colombia faccia pienamente parte del gruppo.Ora non si parla più solamente di Plan Puebla Panamà (P.P.P.), ispirato dal presidente messicano Fox, ma, come è apparso su documenti del Banco Interamericano di Sviluppo, si parla di Plan Puebla Panama Putumayo e di Plan Puebla Panama Patagonia. I piani d’integrazione si sviluppano secondo le logiche economiche del mercato globale, utilizzando un linguaggio politico realista, nel quale le differenze ideologiche, i diversi modelli di società, di economia e di stato sono considerati problemi esclusivamente interni di singolo paese. La solidarietà fra popoli, su cui dovrebbero fondarsi le relazioni internazionali, resta subordinata ad un problema interno e per questo si mettono da parte problemi fondamentali come il rispetto dei diritti umani, i diritti delle vittime, la restituzione dei loro territori e delle loro terre, le identità socioculturali e la biodiversità. Il popolo, le comunità, gli sfollati, le vittime non contano niente, i loro interessi, i loro bisogni sono diversi e in contraddizione con questa forma di alleanze ed accordi economici.L’interconnessione elettrica, la strada Panamericana, il gasdotto, sono parte di tre dei progetti che Uribe ha concepito e promosso a fianco del commercio agricolo come quello della palma africana, della costruzione della strada che unisce il centro della Colombia con Tibugá sul Pacifico, della costruzione di un porto di acque profonde che permetta alla Colombia e ai suoi soci di connettersi con la Cina, per l’esportazione di prodotti e servizi energetici. Dietro le tante facce presidenziali allegre, sembra che si disconosca, da parte dei governanti, che in Colombia i territori sui i quali si progettano tutte queste opere o sono stati ripopolati in funzione dello sviluppo della strategia paramilitare o vi si sono realizzate controriforme agrarie o vi si esercitano controlli politici, sociali e militari basati sulla distruzione della vita umana, sull’impunità dei crimini di lesa umanità e sull’appropriazione illegale delle terre.
Pretendono di non vedere neanche le distruzioni ambientali che si produrrebbero. E’ evidente che i popoli, le comunità non contano niente nelle decisioni dei presidenti.
Da anni, per esempio, gli indigeni Wayú nella Guajira e gli Uiwas sono stati vittime di moltissimi torti e di una violenza inusitata contro le loro comunità. Mentre sui mezzi di informazione questi fatti apparivano appena, presentati come abituali atti di violenza, dovuti a faide familiari o di clan.E’ chiaro che stiamo assistendo allo sterminio di questi popoli da parte dei paramilitari, che niente ha a che vedere con questioni di violenze fra "clan". Tutti ricordiamo l’operazione "Genesis" del 1997, attuata nel territorio del basso fiume Atrato, nel Chocò, la serie di assassini del 1999, le offensive paramilitari del 2001 che assicurarono lo sfollamento dei contadini ed un ripopolamento sotto il controllo dei paramilitari per assicurare la monocoltura intensiva della palma africana e del cacao in territori ad altissima biodiversità. Questo richiama l’attenzione su un fatto evidente in Colombia, per quanto i profeti del progresso e i promotori della interconnessione energetica e dei silenzi democratici non vogliano sentirlo: la coincidenza tra i territori dove si è sviluppata la violenza statale e quelli dove saranno realizzati il gasdotto e gli altri progetti. La geografia del terrore coincide con la geografia economica. Di nuovo, come già è successo in tante altre zone del paese, la violenza, il silenzio, la dimenticanza di tutti i governi colpiscono le comunità che sono nate col peccato originale di avere ereditato territori sui cui ora il mercato mondiale a messo gli occhi e che interessano la voracità di energia del Nord del mondo.Dal diritto dei popoli, dal diritto internazionale, dalle biodiversità come patrimonio dell’umanità, dai principi che ci avvicinano come società umana nella coscienza dei crimini di lesa umanità, chiediamo pubblicamente ai presidenti di Venezuela e Panama:  chi investigherà e farà luce sulla relazione tra le  violazioni sistematiche dei diritti dei popoli che sono state e sono commesse in Colombia, le deportazioni dei popoli indigeni e afrodiscendenti, dei contadini dalla Guajira fino al pacifico e lo sviluppo di questi progetti? In che misura questi progetti sviluppati dal governo Uribe all’interno del P.P.P. sono responsabili, fra l’altro, della persecuzione sistematica che da anni vivono le comunità del basso fiume Atrato nel Chocó, che hanno commesso il peccato di occupare ancestralmente i territori interessati dal passaggio del gasdotto o dalla Panamericana o dall’interconnessione elettrica?  Di quale sviluppo si parla, di quali benefici e per chi? Già si conoscono i diretti beneficiari di questi commerci, perché molte delle terre interessate sono controllate dalle strutture paramilitari. Che tipo di consultazione delle comunità ancestrali è stata effettuata sulla fattibilità di questi megaprogetti, oltre al “unitevi o morirete”?  Chi si è preso il fastidio di ascoltare i popoli, le comunità originarie perseguitati? Chi ha perso tempo a valutare con trasparenza la distruzione di biodiversità prodotta da questi progetti? Tutto questo è il realismo politico, il progresso e l’integrazione latinoamericana. Cosa possono sperare i popoli e le comunità da queste decisioni che negano la loro stessa possibilità di sopravvivenza?  Bogotà 21 luglio 2006 Comision Intereclesial de Justicia y Paz