di
Mauro Bulgarelli e Umberto Zona autori del recente “ Mercenari. Il business della guerra” dal quale è ripreso il capitolo pubblicato
In una "guerra umanitaria", è intuitivo, devono risultare di importanza strategica le motivazioni "morali" che starebbero alla radice della scelta militare. I disagi, le distruzioni, le tragedie umane e sociali di intere popolazioni possono, dunque, essere la chiave utile a giustificare l’azione: possono, insomma, opportunamente comunicate, essere la leva che aiuta a creare il consenso intorno agli "eserciti liberatori". Anche nelle guerre di cui abbiamo appena parlato, il trattamento riservato alle popolazioni "soccorse" è stato sistematicamente incentrato sulla spettacolarizzazione della sofferenza, sulla sottolineatura della condizione di "vittime bisognose" dei gruppi etnici o sociali sui quali l’intervento umanitario si incentrava. Una tecnica che, nel descrivere una realtà distorta funzionale all’obiettivo di giustificare l’intervento, lede profondamente la dignità di quelle persone che, oltre a vivere il dramma della guerra e della perdita di beni e affetti, si ritrovano ridotti, nell’immaginario collettivo, al ruolo di "mendicanti".
Una tecnica, questa, adottata anche da alcune ONG, che puntano sull’efficacia di un messaggio che sia semplice e vendibile, sopratutto quando incrociano sulla loro strada gli sponsor privati, che devono trarre il massimo profitto da ogni investimento.
Oltre al marketing umanitario che utilizza immagini e spot ad effetto, che aiutino la vendita del prodotto umanitario ( sotto forma di intervento di emergenza nelle catastrofi ), anche in Italia negli ultimi anni si è affermata, in forma sempre più compiuta, la scelta di molte Organizzazioni Non Governative di abbracciare la disciplina del marketing sociale. In altri termini, è stato esteso il campo dei finanziatori dalle istituzioni internazionali, i governi o i sottoscrittori volontari anche alle aziende profit, con ovvie convenienze reciproche.
I progetti che si possono promuovere ed attivare vengono definiti Cause Related Marketing ( Marketing orientato ad una "causa" ) e costituiscono, in sostanza, una partnership tra impresa e un ente no profit con l’obiettivo di trovare un finanziamento per la realizzazione di un progetto sociale, perseguendo, nello stesso tempo, gli obiettivi commerciali dell’impresa. Negli Stati Uniti questa dottrina fece la sua comparsa a metà degli anni ’80, ma è solo a partire dagli anni ’90 che nella cultura d’azienda ha iniziato ad affermarsi l’accettazione e l’azione intorno alla cosiddetta social responsability. Le aziende, cioè, hanno iniziato a rendersi conto che mostrare attenzione ai problemi della società/comunità può essere conveniente sia alla corporate image che al prodotto. Questa strategia, avvertita ormai come un elemento fondamentale nelle strategie competitive, è stata promossa da quella parte di ONG-impresa che con il mondo imprenditoriale condividono ormai ben più che una partnership a scopo umanitario.
Il CESVI ed ALISEI, ad esempio, ne hanno fatto un loro cavallo di battaglia, oltre che un preciso riferimento teorico. "Una collaborazione proficua ( quella del Cause Related Marketing ) nell’esperienza del CESVI, che persegue finalità sociali, ma opera nel mercato e considera la cultura organizzativa delle imprese una straordinaria scuola di rigore, responsabilità e merito". [su www.cesvi.org]
Coniugare profitto e solidarietà non sembra poi così difficile, in fondo. L’importante è trovare imprese disposte a scommettere sulla responsabilità sociale. I possibili condizionamenti per la ONG beneficiaria, il rischio di perdere la propria autonomia e capacità critica, non sono problemi importanti al punto da compromettere una soluzione che garantisce fondi e promuove il logo umanitario dell’organizzazione sponsorizzata.
Nello sforzo costante di riposizionamento e acquisizione di vantaggio competitivo, l’impresa che investe nel sociale ha la possibilità di divenire un punto di riferimento per la comunità dei consumatori. Studio e ricerche hanno infatti dimostrato che, a parità di qualità e costo, il consumatore tende a scegliere il brand ed il prodotto eticamente impegnato ed è disponibile a pagare molto volentieri un sovrapprezzo che rafforzi tale impegno. L’impresa può trovare in questo settore un partner, la cui collaborazione può dare valore sociale ai suoi prodotti commerciali, migliorandone l’immagine esterna, rendendo più efficaci le strategie di marketing aziendale e innalzando la produttività dei dipendenti. In quest’ottica, la sponsorizzazione sociale e l’impegno economico a favore del non profit hanno mostrato in anni recenti che lungi dall’essere un mero costo motivato da filantropia, sono una modalità di investimento che da valore aggiunto alle strategie di core business.
L’acquisizione di una strategia di Cause Related Marketing permette di:
– aumentare la notorietà
– rafforzare la fedeltà alla marca
– promuovere l’immagine e il valore dei prodotti/servizi
– garantire un posizionamento competitivo
"La collaborazione tra impresa privata e mondo non profit risponde dunque ad un esigenza reciproca, ad un co-interesse tra partner. Se il settore non profit può ottenere risorse finanziarie dalle aziende, il settore privato può usufruire di grandi rientri in termini di immagine e notorietà rispetto ad altri tipi di scelte promozionali." [ www.alisei.org/marketing_sociale/contesto/contesto.htm]
Teoricamente si distinguono diverse tipologie di CRM ( Cause Related Marketing):
– CRM di Transazione, la classica forma di collaborazione commerciale in cui un azienda profit contribuisce all’attività o alla realizzazione di un progetto di una no profit fornendo risorse finanziarie o materiali in proporzione al fatturato derivante dalla collaborazione;
– CRM di promozione della causa, che è la forma più vicina alla sponsorizzazione e può comprendere o no un trasferimento di risorse dall’azienda profit alla no profit. Il prodotto in questo caso viene utilizzato come mezzo per la trasmissione della causa sostenuta dalla no profit. Operazioni di tal genere sono quelle che vedono la presenza di messaggi o di opuscoli informativi di una no profit in allegato al prodotto del partner profit;
– CRM di licensing, che attiene la concessione da parte della no profit del proprio marchio in cambio della corrispettiva quantificazione economica. Questa tipologia di CRM assume la natura di un rapporto di fornitura, importante per l’azienda profit al fine di qualificare il prodotto abbinato al marchio della no profit;
– CRM di joint fund raising, mediante la quale l’azienda profit garantisce il sostegno alla causa no profit ponendosi come intermediario tra i propri clienti e la no profit. In queste operazioni le donazioni sono facoltative e l’ammontare definibile individualmente. Il CESVI ha attivato questo tipo di finanziamento dal 1992 quando Canale 5 ospitò una campagna antirazzista progettata e realizzata da questa ONG con tecniche di Marketing.
Nel 1998 è iniziata, invece, la partnership con la Banca Popolare di Bergamo – Credito Varesino per promuovere il "Prestito obbligazionario SOS Nord Corea" e continuata nel 2002 con l’iniziativa denominata "la fame ha paura di noi", realizzata con un prelievo di 10 centesimi sugli acquisti effettuati da clienti con carta di credito. Nel 2002 ancora, Vodafone Italia ha sostenuto il progetto " fermiamo l’AIDS sul nascere" promosso da CESVI , mettendo a disposizione dell’associazione il " Super Messaggio Solidale". Sempre per la campagna sull’AIDS Cesvi ha attivato una partnership anche con la Timberland.
Ma che l’etica sia una componente piuttosto trascurabile quando si tratta di raccogliere denaro lo dimostra il fatto che proprio Banca Popolare di Bergamo risulta essere, almeno dal 1995 al 2001 , nella lista delle cosiddette "banche armate", gli istituti di credito, cioè, che risultano aver effettuato operazioni bancarie relative a esportazioni di armi dall’Italia.
[ dati desunti dalla relazione2002 del Presidente del Consiglio dei Ministri al Parlamento, su www.banchearmate.it. Dalla relazione risulta che la Banca Popolare di Bergamo nel 2001 aveva importi autorizzati per operazioni bancarie collegate alla legge 185 sul controllo dell’export di armi pari a 6.564 milioni di euro ]
LE ACLI ED IL PROGETTO SCUDO
Ma le remore etiche sono state superate ancora più platealmente da una recente iniziativa delle ACLI ( Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani ) promossa attraverso l’ENAIP ( Ente Nazionale ACLI Istruzione Professionale) la loro struttura per la formazione.
Il 15 Aprile 2004 l’ENAIP ha presentato ufficialmente il progetto SCUSO ( Security Consulting United Didactics Organization) finalizzato alla formazione di personale esperto in sicurezza.
Addetti alla sicurezza e personale generico di porti e aeroporti e del comparto industriale; ma anche impiegati di banche, di uffici postali, della pubblica amministrazione e dei musei, guardie giurate e istituti di vigilanza. A loro è indirizzato il nuovo corso di formazione che si pone all’avanguardia sul mercato e lo fa avvalendosi di una collaborazione di tutto rispetto, in materia di sicurezza: la Logans Ldt,, multinazionale israeliana specializzata nella consulenza per la sicurezza anticrimine e nella protezione in caso di attentato o aggressione.
Ecco un brano del documento di presentazione del progetto e dell’autorevole partnership:
“ La nuova ondata terroristica e di crimine organizzato attraversa un momento di rapida escalation e turba la serenità della vita quotidiana, seminando paura e preoccupazione nella società civile. I Governi e le Organizzazioni Internazionali affrontano questa minaccia con provvedimenti di emergenza e con l’adozione di regolamenti, direttive e risoluzioni dedicati alla verifica dell’efficacia delle misure di sicurezza già in atto ed alla realizzazione di piani specifici.
Enaip e Logans, interpreti dell’attuale disagio e forti dei propri strumenti istituzionali promuovono un programma a favore delle persone e delle proprietà all’interno degli ambienti più a rischio”
[www.enaip.it/attivita/progetti/scudo.html]
L’imbarazzo nel mondo della Cooperazione, soprattutto quello cattolico, è palpabile.
“ Aldilà del fatto che la sicurezza civile poco c’entra con i problemi dei lavoratori e che l’opzione della non-violenza è stata ribadita con forza da Bobba ( presidente delle ACLI ) durante l’ultimo congresso Aclicome radicata nel patrimonio genetico del movimento, una certa perplessità suscita la notizia che, per organizzare questi corsi, l’Enaip si avvale della collaborazione della Logan’s LTD, una multinazionale israeliana specializzata nella consulenza per la sicurezza anticrimine e antiterrorismo, una di quelle società che addestrano ed arruolano personale di sicurezza del tipo di quello attualmente presente in Iraq ( tra cui anche gli ostaggi italiani ) a difesa di tante aziende e manager stranieri li presenti”
[ Le ACLI si buttano nelle Body Guard: joint-venture con multinazionali della security” su www.adisa.it 1/5/2004]
Sul sito internet della Logan’s LTD si legge, infatti, che questa azienda offre i propri servizi ad “istituzioni private e governative in tutto il mondo. I progetti sono tutelati dalla massima riservatezza data la natura dei servizi. Tra i suoi clienti, vi sono società Aeroportuali, Compagnie Navali, Autorità Portuali, Complessi Industriali, Forze dell’Ordine ed Enti Governativi”
[vedi www.logansltd.com]
Significativa anche la composizione delle “squadre “ di esperti formate presso la Logan’s LTD: si tratta, sempre secondo il sito ufficiale, di “ex-alti ufficiali dell’Esercito e senior della Marina internazionali, tecnici delle forze speciali antiterrorismo israeliani, specialisti di sicurezza antiterrorismo civile israeliani ed internazionali, ex ufficiali di polizia internazionali, consulenti di sicurezza specializzati in sicurezza marittima e aerea, tecnici specializzati in tecnologia e in sistemi di sicurezza, esperti di intelligence internazionali”.
[ vedi www.logansltd.com ]
Le ACLI peraltro fanno parte della RID ( Rete Italiana per il Disarmo ) composta da circa 50 associazioni pacifiste, laiche e cattoliche. Alle contestazioni di parte di queste nessuno ha dato risposta. Non solo, le ACLI, figurano anche fra i membri del consiglio di amministrazione di Banca Etica: come si fa a conciliare tali responsabilità con questo ambizioso progetto ?
“ Tutto ciò fa parte della deriva delle ACLI”, commenta amaramente Giulio Marcon ” segnata da un impegno sociale sempre più moderato”.
Il business della sicurezza miete progressivamente le vittime più insospettabili, o quasi.
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