Intervista a Miriam, Maritza e Tania, tre compagne del comitato delle donne della cooperativa Nuevo Horizonte
Riportiamo una piccola intervista ad alcune compagne per conoscere meglio l’attività e l’organizzazione della cooperativa. Questo incontro insieme a tanti altri, ci ha permesso di approfondire e capire il ruolo di Nuevo Horizonte come modello di autogestione da esportare. La presenza e l’impegno di un comitato delle donne è tuttora uno degli elementi fondamentali che hanno reso possibile non solo lo sviluppo della cooperativa in tutti i suoi settori di produzione e di organizzazione, ma anche la realizzazione di iniziative di solidarietà e assistenza alle donne di altre comunità. Nonostante i gravi problemi che si sono presentati dopo gli accordi di pace e la loro mancata attuazione, grazie alla loro formazione e al modello di gestione come ex-guerrigliere sono riuscite a raggiungere un livello di vita notevolmente superiore alla media del Guatemala. Attraverso queste tre testimonianze abbiamo cercato di ripercorrere la storia di molte donne, che hanno deciso di avere un ruolo determinante e di dare un contributo significativo alla lotta per il cambiamento della società.
C.A.- Possiamo cominciare parlando di come le donne della cooperativa hanno vissuto i 36 anni di guerra civile, per poi analizzare i cambiamenti che sono avvenuti dall’accordo di pace nel 1996, cercando di capire se realmente ci sono stati dei miglioramenti delle condizioni di vita delle donne…
Miriam – Il mio nome è Miriam. Abbiamo vissuto 36 anni di guerra però siamo entrati nell’organizzazione come combattenti a partire dal 1982, quando si accentuò la repressione da parte dell’esercito contro le comunità, i villaggi e il popolo guatemalteco : ci furono massacri, sequestri, sparizioni e molti prigionieri.
La nostra comunità nel 1982 fu invasa dall’esercito, entrarono armati nelle nostre case dalle quali ci prelevarono, ma solo alcune persone ebbero il tempo di fuggire abbandonando tutto.
La mia famiglia fu perseguitata perché l’esercito aveva ottenuto delle informazioni sull’organizzazione che stavamo sviluppando insieme ad altri compagni della comunità; ci obbligarono ad abbandonare le nostre case e poi le bruciarono, alcuni di noi si ritirarono sulla montagna per raggiungere dei gruppi guerriglieri, compagni armati che si erano organizzati per combattere contro l’esercito. Decidemmo di unirci a loro, ma non fu possibile portare in montagna tutti i componenti della comunità perché c’erano bambini piccoli, anziani e donne gravide, quindi alcune famiglie dovettero trovare il modo di emigrare in Messico, quelli che invece poterono resistere rimasero nel Petén: alcuni combattendo, altri organizzando attività in diversi settori: quello sanitario, quello della comunicazione e nelle organizzazioni politiche, tutto questo è stato costruito a partire dal 1982 fino alla firma della pace: questa era la base di una più ampia organizzazione, che aveva i suoi comandanti e piccole compagnie nelle quali le donne erano incorporate come combattenti,come radio-operatrici o come medici e infermiere.
A partire dal 1986 si cominciò a parlare di negoziati tra l’esercito guatemalteco e la guerriglia, successivamente nel 1996 si arrivò alla cessazione delle ostilità, alla firma della pace e alla deposizione delle armi: lasciammo la montagna abbandonando uniformi e fucili e fummo concentrati temporaneamente in diverse zone del Petén; da allora dovemmo cercare un posto dove abitare, non avevamo un luogo in cui andare, non avevamo vestiti, non avevamo niente e praticamente dal niente cominciammo a costruire le nostre case e a costituire la cooperativa Nuevo Horizonte e il comitato delle donne; l’organizzazione era diversa da quella che avevamo durante il conflitto armato, era diversa perché oramai eravamo rientrati nella società civile…
Maritza – Durante i 36 anni di guerra civile la gente povera non aveva altra scelta: o prendere le armi o morire,perché la politica e l’intenzione del governo era massacrare la gente povera, gli indigeni. Per questo motivo la mia famiglia si rifugiò in montagna: a partire dal 1989 cominciai la lotta armata fino agli accordi di pace del 1996; come diceva la compagna Miriam, il cambiamento che facemmo come donne, il passaggio dalla guerriglia alla società civile fu difficile, quando eravamo sulla montagna non ci preoccupavamo del cibo, perché seminavamo mais e fagioli e avevamo soldi per comprare vestiti e scarpe, l’unica nostra preoccupazione era difenderci dal nemico.
Invece qui nella società civile se non lavoriamo non abbiamo niente da mangiare e non possiamo comprare vestiti per noi e la nostra famiglia, non possiamo mantenerla e quindi la situazione in cui ci siamo trovati è stata difficile perché non erano le condizioni che ci avevano prospettato: con il ritorno alla vita civile avremmo avuto la terra, avremmo avuto tutto, è questo quello che ci dicevano, invece ci ritrovammo a dover comprare una fattoria e a contrarre un debito di 3.200.000 quetzales, a nome di tutti i soci della cooperativa. Lasciare la montagna senza niente per andare a vivere in una terra dove l’unica cosa che trovammo fu un grande debito, per noi fu un passaggio difficile. Per affrontare una situazione del genere è stato fondamentale il grado di organizzazione che avevamo, questo è stato il maggiore aiuto per poter sopravvivere e raggiungere le nostre condizioni attuali. Dovevamo organizzare le persone, dovevamo pensare a come risolvere i nostri problemi familiari ed economici, passammo i primi due/tre anni a costruire la nostra comunità. Fino ad arrivare ad oggi: oltre ad aver risolto i principali problemi economici, partecipiamo attivamente alla vita della cooperativa e cerchiamo di organizzare altre donne in altre comunità, donne che ci ammirano molto perché in cinque anni siamo riuscite ad ottenere ottimi risultati, anche grazie a organizzazioni come le vostre che ci hanno aiutato molto a differenza del governo che non ci ha dato l’appoggio di cui necessitavamo.
Nella nostra condizione attuale non dobbiamo scontrarci con il nemico rischiando di morire, non soffriamo la fame e non dobbiamo andare lontano a prendere l’acqua per le nostre famiglie, adesso non abbiamo più questi problemi, però l’obbiettivo per cui abbiamo lottato e siamo stati tanto tempo sulla montagna non era questo, era per ottenere condizioni migliori per noi e per la nostra gente, non ci pentiamo di aver lottato perché crediamo che la nostra lotta abbia aiutato molto questo popolo, perché se non ci fosse stata la guerriglia probabilmente avrebbero continuato ad uccidere la gente povera e a reprimere i villaggi. La nostra esperienza, la guerriglia, è stata molto importante, pensiamo di aver contribuito ad un reale cambiamento del Guatemala, questo è sicuro perché perlomeno oggi non ci sono i massacri e il terrorismo che avevamo allora.
Tania – Ricordo la persecuzione che ci fu nel 1982 contro le comunità, avevo 15 anni quando andammo sulla montagna a lottare a fianco dei compagni; io presi il mio fucile e mi preparai ad affrontare diversi compiti nella comunicazione, nella salute ed anche negli scontri armati, c’erano diverse attività che ci dividevamo fra uomini e donne.
Con la lotta abbiamo ottenuto diversi risultati perché prima non potevano esserci dei gruppi organizzati, questi venivano resi inermi, ora è differente perché possiamo organizzarci liberamente ed esigere i nostri diritti, anche questo era negli accordi.
Noi stiamo lottando per andare avanti con le nostre famiglie, abbiamo anche ottenuto uno spazio politico e sviluppato una partecipazione nella lotta sociale. Quando arrivammo qui 5 anni fa, siamo stati fonte di curiosità e stupore perché avevamo molta esperienza nell’organizzarci, elemento essenziale quando si vuole raggiungere un determinato obbiettivo, è anche per questo che stiamo incontrando e appoggiando varie comunità, che non hanno informazioni sufficienti per potersi sviluppare.
C.A.- Avete fiducia in quei partiti politici che in questa campagna elettorale stanno facendo propaganda per il miglioramento delle condizioni delle donne o pensate che la risposta alle vostre richieste sia nell’autorganizzazione o in forme alternative di gestione della vita e del lavoro?
Miriam – Abbiamo perso la fiducia nei partiti politici perché tutti fanno mille promesse che poi non mantengono; ci sono stati dei partiti che si caratterizzavano nell’aiuto alle donne, però generalmente i partiti tradizionali non ci hanno mai aiutato e comunque lo hanno fatto in maniera limitata. E’ anche vero che in questi ultimi anni sono nati dei partiti che hanno avuto l’intenzione di appoggiarci, informandosi sui problemi che abbiamo e cercando delle soluzioni per poterli risolvere. Per esempio quando andammo ad una riunione con alcuni rappresentanti di partito, quello che dicemmo fu che non volevamo più inganni e chiedemmo azioni concrete, ponendo questioni su ciò che erano realmente disposti a fare, se veramente volevano appoggiare le donne nell’ambito della salute, dell’ educazione, del lavoro, che le donne svolgono guadagnando un salario così basso, che mantenere i propri bambini senza marito è difficile. Nessuno sta lavorando per aiutare le donne povere e quindi questo è ciò che noi stiamo dicendo; quello che vogliamo è fare le nostre proposte e presentarle, perché si creino all’ interno dei piani di governo degli spazi per le donne, questa è una nostra esigenza, anche se nella nostra cooperativa non c’è molta povertà, ci sono delle comunità poverissime, dove gli uomini sono emigrati in altri luoghi per conseguire un migliore impiego e le donne rimangono a casa a pensare alla famiglia, per loro non c’è un lavoro con un salario che le sostenga dignitosamente, quindi questa è una delle proposte che abbiamo fatto ad alcuni candidati. Effettivamente abbiamo riscontrato un certo interesse da parte loro, non so se è per la campagna elettorale, però comunque dicono di essere interessati ad appoggiarci.
Maritza – Io credo i partiti politici non ci ascoltino molto; fin quando non ci sarà un cambiamento profondo nel sistema politico del Guatemala credo che sarà complicato per noi donne ottenere un lavoro migliore, ti faccio l’esempio dell’educazione: se una donna si preoccupa della sua preparazione, non ci sono spazi dove poter studiare e così ottenere una professione, quindi è molto difficile che le donne abbiamo una partecipazione attiva all’interno della società, ci sono molte comunità in cui le donne non sanno assolutamente e ne si chiedono cosa stia succedendo in Guatemala. E allora io credo che nella situazione in cui ci troviamo sia molto problematico aprire uno spazio ampio dove le donne possano ottenere una più ampia partecipazione o possano arrivare a prendere delle decisioni, credo che manchi ancora molto lavoro e volontà perché questo si ottenga.
Tania – Durante le campagne elettorali si promettono molte cose però realmente non viene fatto niente, anche se attraverso il voto abbiamo la possibilità di esigere dei miglioramenti.
Il lavoro c’è però non viene pagato bene, soprattutto alle donne.
C.A.- Potete spiegarci il ruolo del comitato delle donne ?
Tania – Il comitato è nato nel 1998 ed io sono stata la prima presidentessa, all’epoca c’erano 5 compagne nel comitato che ne rappresentavano 48 e da allora ogni due anni si vota per eleggerne una nuova.
Miriam – Lei è stata quella che per prima ha sperimentato il lavoro con le donne.
Maritza – Da quando è nato il nostro comitato abbiamo svolto molte attività, all’inizio ci organizzammo per costruire le abitazioni di Nuevo Horizonte e per rendere i campi fertili, poi per costruire la scuola, l’asilo, il sistema idrico, allora la nostra attività primaria era cercare di realizzare nel minor tempo possibile le abitazioni, perché ottenute quelle potevamo dedicare più tempo ai progetti produttivi.
In questo momento la cooperativa segue due progetti : la riforestazione e l’allevamento. Stiamo seminando vari prodotti, stiamo allevando maiali e le donne rivestono un ruolo fondamentale nella riuscita di queste attività, inoltre seguiamo il progetto delle galline: abbiamo 476 galline e pensiamo di arrivare a circa 800 galline in due anni, c’è poi il progetto del forno e sono le compagne, che ci lavorano e lo amministrano ed infine c’è il mulino per la macina del mais.
Quando ci sono delle feste o delle ricorrenze o quando arriva della gente in visita alla cooperativa le compagne sono quelle che organizzano la cucina, siamo inoltre organizzate in attività culturali.
Stiamo facendo lo sforzo per andare in 5 comunità dove appoggiamo altre compagne per fare in modo che possano organizzarsi e migliorare la loro situazione economica. Queste comunità, ubicate nell’area centrale, non hanno una grande attenzione da parte del dipartimento e quindi cerchiamo di condividere con loro la nostra esperienza perché possano svilupparsi.
Miriam – Stiamo cercando di sviluppare il lavoro con queste comunità, valutando tutte le possibili alternative per trovare i mezzi per raggiungerle, dato che la nostra situazione economica ci crea delle difficoltà; noi vogliamo mobilizzarci per fornire un programma di apprendimento, siccome sono luoghi molto appartati esistono poche organizzazioni che le appoggiano e che hanno contatti con loro. Il nostro desiderio è quello di andare in questi luoghi e costruire un programma che possa aiutarle, perché ci possa essere uno sviluppo, perché accrescano le loro conoscenze, perché imparino ad organizzarsi per formare un proprio comitato delle donne e una propria struttura, ma per questo necessitano di strumenti che noi possiamo mettere a loro disposizione.
E’ molta la volontà di condividere la nostra esperienza, le nostre idee e crediamo che questo sia la strada giusta.
Tania – Siamo in 7 a formare il gruppo di lavoro, però quello che ci manca è il finanziamento per coprire le spese che sosteniamo per gli spostamenti, però come diceva la compagna, abbiamo molto interesse e volontà di aiutare chi ne ha bisogno.
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