CUBA E L’ALTRA ITALIA. No all’invasione

“Nei Caraibi, un popolo affronta un accerchiamento che non ha nulla della figura letteraria. Questo popolo ha fatto sì che solo citando il suo nome si richiami una storia di lotta e di resistenza, di generosità e di coraggio, di nobiltà e fratellanza. Si dice "Cuba" come si dice "dignità". “ Subcomandante insurgente Marcos

Messico, ottobre 2003

  

Una delle iniziative delle Brigate di solidarietà e per la pace, già dal 2003, è stata l’apertura di un confronto con la realtà cubana e specificamente con il Ministero della cultura del governo di Cuba. Pensiamo che in questa fase sia importante contribuire a rompere l’isolamento politico ed economico dell’isola e la stessa crescente minaccia militare da parte degli Stati Uniti. Non intendiamo assumere acriticamente la lettura che della situazione cubana viene proposta dall’imperialismo (in questo USA e Europa sono uniti), né accettare passivamente le pretese di ingerenza degli Stati Uniti in quanto “portatori di democrazia”. Per questo vogliamo spiegare la realtà di Cuba e dare voce alle ragioni e alle posizioni cubane, normalmente censurate o mistificate dai mezzi di informazione; questo certo senza riproporre vecchi stereotipi o acritiche esaltazioni ormai del tutto insensate, senza tralasciare o nascondere i limiti, i difetti e le contraddizioni; non ci interessa insomma il ruolo di semplici portavoce del governo cubano nel nostro paese. Ma crediamo non si possano dimenticare le conquiste sociali della rivoluzione nell’ambito dell’alimentazione, della salute, dell’educazione, ecc. Conquiste che rendono impossibile il confronto con la realtà di un continente devastato sul piano sociale ed economico e insanguinato dai colpi di stato e dalle dittature. Né si può ignorare che Cuba rappresenta ancora oggi, per i popoli dell’America Latina una vittoria, un esempio di dignità, di difesa della propria sovranità, una alternativa al ruolo di predati che subiscono da più di 500 anni.

Il passaggio da Cuba delle Brigate di lavoro per il Guatemala ci ha permesso al nostro ritorno in Italia, di rafforzare l’impegno e il tentativo già intrapreso da alcuni di noi, da un lato di spiegare la situazione cubana senza vecchi stereotipi o esaltazioni di tempi ormai passati e di guardare quindi all’esperienza cubana come possibile tentativo di costruzione di un’alternativa in America Latina , senza tralasciare o nascondere i suoi limiti e i suoi difetti; dall’altro la necessità di ridurre l’isolamento politico ed economico in cui è stata “cacciata” Cuba dopo le esecuzioni delle tre condanne a morte.L’incontro che abbiamo avuto con un rappresentante del Ministero della Cultura del governo cubano, ha reso possibile l’inizio di un dibattito al nostro interno sul ruolo e sulla caratterizzazione che avrebbero dovuto avere le brigate al rientro in Italia. Se l’esperienza diretta, la conoscenza, il contatto ed il confronto con una realtà internazionale come quella dei compagni di Nuevo Horizonte, essenziale a tutti coloro che hanno partecipato alle brigate, ma fondamentale soprattutto per poter progettare e costruire percorsi di relazioni internazionali dal basso, è stata il primo passaggio, la tappa cubana è stata altrettanto importante per comprendere il ruolo di resistenza, di dignità e di lotta che Cuba e il suo popolo rivestono per tutto il continente latino americano contro la potenza militare più consistente e minacciosa che la storia abbia mai visto, gli Stati Uniti d’America.L’attenzione per i movimenti sociali che Cuba ha mostrato di avere, è indicativa di un nuovo atteggiamento nei confronti di quelle che possono essere considerate le forze motrici di un reale cambiamento e del protagonismo che negli ultimi anni è stato assunto dalle organizzazioni di base, dalle associazioni e dalle strutture popolari nelle contestazioni e nelle rivendicazioni che hanno attraversato il pianeta. Quello richiesto dai cubani non è un confronto formale tra partito e partito o fra istituzione e istituzione più o meno ufficiale, ma è una effettiva disponibilità nel fornire a noi, tutti i mezzi necessari a loro possibili, per comunicare e reperire informazioni in una sorta di rete tra movimenti, fino all’invito a poter disporre da parte nostra di uno spazio fisico del Movimento Antagonista Toscano all’Avana.Se questo ci può creare dei problemi economici non facili da superare, ci pone più chiaramente davanti al fatto che l’organizzazione “Cuba”, per molti da sempre vista come eccessivamente chiusa, strutturata in maniera verticale, disponibile solo ad un rapporto con altri partiti comunisti, sta intraprendendo un processo di apertura nei confronti di chi nel proprio paese fa dell’autorganizzazione un metodo e dell’antagonismo una via per la difficile costruzione di un progetto di alternativa all’attuale sistema di guerra, sfruttamento, miseria e morte imposto alla popolazione mondiale, dalle tentacolari multinazionali, attraverso i propri governi e istituzioni internazionali (Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, Organizzazione Mondiale per il Commercio).La critica da noi espressa al ruolo del partito comunista italiano dal dopoguerra, fino alle sue più recenti mutazioni, nel video “Memoria Viva”, ha suscitato interessamento e quindi una prossima proiezione sarà realizzata all’Avana, insieme al video “Guatemala”, entrambi prodotti da Comunicazione Antagonista. Questo piccolo inizio è il primo passo per una collaborazione, sicuramente limitata se fosse concepita solo su questo. I compiti e gli impegni che ci siamo presi, vanno oltre alle domande: cosa siamo disposti a fare, che compiti rivestire, come rispondere alla loro richiesta di attivarci per rompere l’isolamento e per spiegare la situazione di Cuba e le risposte devono essere chiare e i propositi senza ambiguità, questo per non cadere in una logica di costruzione di un qualche contenitore, con l’unica e ridicola funzione di altoparlante per tesi o comunicati o prese di posizione più o meno ufficiali del governo cubano nel nostro paese. Se non ci mettiamo nelle condizioni di dare un concreto apporto attraverso l’avvio di un dibattito e la formulazione di proposte, rischiamo di perdere di vista l’obbiettivo che ci siamo posti fin dall’inizio come brigate: comprensione ed intervento di e con altre realtà internazionali.Da un punto di vista organizzativo il passaggio da Brigate di lavoro in Guatemala a BRIGATE DI SOLIDARIETA’ E PER LA PACE, deve andare nella direzione di creare nella nostra regione una situazione capace di aggregare idee e proposte per nuove forme di relazioni internazionali  e servire come punto di riferimento per tutti coloro che hanno la volontà di comprendere e contribuire ai progetti che ci siamo posti. Sicuramente senza la presunzione di rivestire una funzione accentratrice, ma con l’intento di dare continuità e sviluppo all’esperienza delle brigate.    L’esigenza di dover capire la situazione creatasi in seguito alla fucilazione dei tre sequestratori, è stata significativa per comprendere la nuova ondata minacciosa rappresentata dagli Stati Uniti, che ha portato il governo cubano a ipotizzare un imminente intervento militare yankee, infatti negli ultimi mesi Cuba è stata oggetto e lo è tuttora di intimidazioni, provocazioni e minacce. Partendo da questa prima analisi ha assunto una considerevole importanza la campagna “No all’invasione di Cuba”. Il motivo ufficiale dell’accanimento da parte degli Stati Uniti, purtroppo non solo da questi, ma anche dall’Europa (l’Italia in testa fa la sua parte), è la condanna a morte e l’esecuzione dei tre sequestratori. La continua e accanita aggressività statunitense non è una novità, lo è invece il fatto che all’indomani dell’esecuzione delle condanne a morte, anche una gran parte della sinistra europea abbia utilizzato tutti i suoi mezzi di comunicazione e i suoi canali per condannare aspramente la condotta del governo cubano. Tutto questo sta avvenendo nel più antidemocratico dei modi: vengono ascoltati e viene permesso di parlare solamente alle voci contro, in tutti questi mesi nessun giornale, di destra o di sinistra ha pensato bene di pubblicare un’intervista o un articolo redatto da qualche giornale o uomo cubano.Le minacce scatenate contro Cuba non hanno precedenti, ma per difendere e continuare a sostenere il popolo cubano è necessario fare un quadro della situazione.  I tentativi degli Stati Uniti nel sottomettere Cuba e cancellarne l’esperienza è nata contemporaneamente all’affermarsi della rivoluzione del ‘59, il primo lo abbiamo già nell’aprile del ‘61, ovvero con Playa Girón, utilizzando truppe mercenarie appoggiate da squadre aereonavali americane, veniva tentata l’invasione dell’isola, non appena fosse stato formato un governo provvisorio, gli Stati Uniti lo avrebbero riconosciuto come legittimo e sarebbero potuti intervenire militarmente, fortunatamente questo non avvenne grazie alla resistenza del popolo cubano, che nel giro di 68 ore respinse l’attacco. Le centinaia di prigionieri non furono torturate, fucilate, rinchiuse in campi di concentramento o altro, ma furono scambiati con trattori, sicuramente molto più produttivi. A questo primo tentativo di stroncare l’esperienza cubana, vanno aggiunti i numerosi tentativi progettati dalla Cia in accordo con la mafia cubana di Miami per eliminare Fidel Castro e soprattutto i piani MANGUSTA ed AMLASH, con molte varianti di sabotaggio civile e militare di ogni tipo includendo la guerra biologica; tali piani hanno provocato la morte di migliaia di cubani. A tutto questo vanno aggiunti i 44 anni di embargo imposto dagli Stati Uniti all’isola caraibica e come l’esperienza irachena ci insegna, l’unico obbiettivo è quello di colpire la popolazione civile. Con l’elezione di Bush Junior, determinanti i voti degli esuli cubani della Florida, la richiesta di spazzare via le conquiste della rivoluzione cubana si fa sempre più forte, da questo momento l’amministrazione nordamericana inizia la ricerca di pretesti per sottomettere Cuba ad un’aggressione simile a quella dell’Irak. La Cia attua un piano con l’uso di delinquenti comuni cubani per implementare esponenzialmente sequestri di navi e di aerei passeggeri cubani.  Questo piano inizia ad essere applicato lo stesso giorno (18 marzo) in cui inizia la guerra contro l’Irak: alle 19:00 viene sequestrato da sei delinquenti comuni un aeroplano con 36 passeggeri a bordo che volava dall’Isola della Gioventù all’Avana. L’aereo viene fatto atterrare a Cayo Hueso ed i sequestratori vengono, dopo pochi giorni, messi in libertà da un giudice strettamente vincolato alla mafia terrorista cubano-americana. Questo contro gli Accordi Migratori firmati tra Cuba e Stati Uniti.  L’impunità ai sequestratori convince i criminali comuni legati al piano della sua viabilità ed 11 giorni dopo avviene un altro dirottamento di un aereo con 46 persone a bordo; l’aereo atterra negli Stati Uniti con risultati equivalenti al primo sequestro. Un giorno dopo, un altro gruppo di delinquenti sequestra una lancia passeggeri che presta servizio nel golfo dell’Avana con 50 persone a bordo e minaccia di gettare in acqua i passeggeri se non vengono riforniti di combustibile o di un’altra imbarcazione; questa volta il sequestro fallisce. Ancora un giorno dopo si produce un tentativo di dirottamento aereo con passeggeri a bordo, ma anche questa volta il sequestro non ha successo.                                                                                                                                                Da questa sequenza di fatti e da informazioni raccolte, il governo cubano capisce che l’ondata pianificata di sequestri d’imbarcazioni e di aerei passeggeri è in atto e che Bush non tarderà a dichiarare questa situazione “una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti”. Tale dichiarazione viene in effetti anticipata da Kevin Whitaker capo dell’Ufficio Cuba del Dipartimento di Stato americano.  La ratificazione ufficiale di questa “minaccia” da parte dello stesso Presidente Bush, avrebbe poi fornito il  pretesto  per un blocco navale contro Cuba, portando inevitabilmente alla guerra.                                                                                                                                                            A questo punto lo stesso Castro definisce la situazione questione “di vita o di morte”; occorre assolutamente  anticipare la dichiarazione che avrebbe portato al blocco navale fermando radicalmente l’ondata di sequestri.  Questo è il motivo della grave e improrogabile decisione di fucilare i tre sequestratori. L’obiettivo del governo cubano di evitare la guerra con gli Stati Uniti è per ora stato raggiunto. Ma la mafia terrorista di Miami in accordo con l’estrema destra degli Stati Uniti continua la ricerca di condizioni per creare una grave crisi per produrre uno scontro armato tra i due paesi.                                                                                                                                                              In questa momento l’atteggiamento da guerrafondai assunto dai governi europei, soprattutto Italia, Spagna e Francia, sembra indicare un’escalation verso un possibile conflitto, due fondazioni olandesi e una francese hanno ritirato il loro appoggio finanziario all’Ottava Biennale dell’Avana, prevista per novembre, il governo tedesco sarà assente alla Fiera Internazionale del libro nel mese di febbraio 2004, Cuba ha già denunciato l’utilizzo che veniva fatto del Centro Culturale Spagnolo come luogo di coordinamento degli anticastristi. Anche il governo italiano ha deciso di sospendere unilateralmente la sua cooperazione per lo sviluppo di Cuba, ecco alcuni dei progetti annullati:          un credito di 17,5 milioni di Euro per il miglioramento del sistema di irrigazione per l’incremento della produzione agricola nelle province di Granma e l’Avana,          un credito di 7,4 milioni di Euro, per la Plaza de Cristo, nell’Avana Vecchia, questo finanziamento avrebbe permesso la ristrutturazione di 500 abitazioni civili, due scuole e i servizi per l’approvvigionamento di acqua potabile, dell’elettricità e un sistema di fognatura per la popolazione residente nella zona,          una donazione di 400 mila Euro, per la creazione di un centro di assistenza per adulti, nell’antico convento di Belén, che sarebbe stato utilizzato da 200 anziani e sarebbe stato gestito dall’Oficina del Historiador, dalle autorità locali di salute pubblica e dall’Ordine delle Sorelle della Carità,          una donazione di 6,8 milioni di Euro, attraverso il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUD), che si dedicherebbe all’appoggio a livello locale di servizi sociali base come l’educazione, la salute, l’assistenza a persone incapaci e alla terza età,          una donazione di 6,8 milioni di Euro, sempre attraverso il PNUD, per l’acquisizione di materiale essenziale nel settore della salute e la produzione di alimenti, progettato per rispondere alle esigenze delle province orientali,          una donazione di 534 mila Euro, per il sostegno di un progetto di collaborazione e interscambio tra l’università di Tor Vergata e l’università dell’Avana.Con questo insolito modo anche il governo italiano si appresta a difendere i diritti umani del popolo cubano. Il mancato rispetto di questi e l’aver condannato a morte tre sequestratori non basta per comprendere l’accanimento contro Cuba, non basta perché se andiamo ad analizzare la situazione di altri paesi, più o meno vicini a noi e più o meno importanti nello scacchiere politico-economico internazionale, notiamo che sono state prese come pretesto le ultime vicende per colpire un governo che si ostina a difendere la propria sovranità da ingerenze e minacce di paesi stranieri, in alcuni casi nemici dichiarati.Situazione delle esecuzioni di condanne a morte nell’anno 2002 : Cina 3138, Iran 316, Iraq 214, Usa 71, Arabia Saudita 49,  Sudan 40, Vietanam 34, Kazakistan 31, Tagikistan 25, Pakistan 20, Singapore 18, Egitto 17, Russia 15, Giordania 14. In questa lista sono stati riportati i paesi che della condanna a morte ne fanno un largo uso, facciamo però notare che l’Unione Europea non ha avuto nessun atteggiamento di condanna verso i paesi sopra menzionati, ad eccetto dell’Iran e dell’Iraq, che come tutti sappiamo sono rientrati a detta di Bush tra i “paesi canaglia” e non ha neppure utilizzato l’arma del boicottaggio economico o della sanzione per dissuadere questi governi. Cuba in questa triste classifica non è neppure menzionata, senza far riferimento agli anni passati, visto che il governo cubano ha aderito alla moratoria contro la pena di morte e non lo ha fatto solo in questo caso e solo per far fallire il tentativo americano di far esplodere un conflitto armato tra Stati Uniti e Cuba. E’ da segnalare anche il fatto che paesi come gli Stati Uniti non hanno nessun problema ad eseguire condanne a morte su minorati mentali e su persone che hanno compiuto il reato quando erano minorenni; Arabia Saudita (monarchia assoluta) oppure Pakistan vengono considerati addirittura amici ed alleati delle democratiche forze americane ed europee che combattono Al Qaeda, Bin Laden o l’Iraq di Saddam. Eppure al premier italiano Berlusconi le 3138 esecuzioni in Cina non hanno impedito un recente  viaggio per stringere e rilanciare accordi economici con il colosso asiatico. A nessun governo europeo sembra che interessino le condizioni dei prigionieri talebani rinchiusi nella base americana di Guantanamo, prigionieri ai quali non viene permesso di avere alcun tipo di contatto con l’esterno e per quel che ne sappiamo non è neppure possibile conoscerne l’identità. I diritti umani vengono pesati con diverse misure, quelle che decide il governo statunitense. L’atteggiamento da sudditi della comunità internazionale nei confronti degli Stati Uniti è stata ancora una volta dimostrata alla recente assemblea dell’ONU (novembre 2003), che si è pronunciata per il dodicesimo anno consecutivo e con una larghissima maggioranza contro l’embargo economico che gli Stati Uniti stanno imponendo alla popolazione cubana da quarant’anni. Il testo della risoluzione è stato approvato con il voto di 179 paesi a favore, 2 astenuti e 3 contrari (Stati Uniti, Israele e Isole Marshall). Nonostante questo schiacciante risultato nessuno dei governi che ha prontamente condannato e giudicato lo stato cubano ha assunto un medesimo atteggiamento nei confronti del governo statunitense, per il quale è decisamente dannoso il ruolo di Cuba, non militarmente o economicamente, ma per il suo voler difendere la propria sovranità e denunciare la politica imperialista americana. Il governo statunitense è sempre più pericoloso per la stabilità della pace mondiale: Bush ha addirittura ipotizzato la presenza di armi di distruzione di massa sul territorio cubano e quindi minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, questa strategia l’abbiamo già vista utilizzare contro l’Iraq di Saddam e i risultati sono palesi: le armi che dovevano minacciare l’intera umanità ancora non sono state trovate, ma in compenso la guerra sta costando la morte di 14.000 civili iracheni e la distruzione di un paese e del suo popolo già segnato da più di dieci anni di embargo economico. Cuba sembra destinata a essere considerata la pedina di scambio tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea, quest’ultima sarebbe disposta a dare mano libera agli Stati Uniti nella loro area di influenza, l’America Centrale, in cambio di maggiori spazi in altre aree geopolitiche di maggior interesse per l’Europa.

Perchè questo attacco nei confronti di Cuba? Cuba rappresenta per l’America Latina una vittoria, rappresenta per i popoli sudamericani una rivincita, se Cuba non avesse avuto la rivoluzione del ’59, oggi sarebbe  sicuramente un paese simile al resto del centroamerica, dove la miseria è la caratteristica principale della popolazione, dove per decenni si sono succedute dittature militari, vedi Cile, Guatemala e purtroppo tantissime altre, tutte appoggiate e sostenute dagli Stati Uniti, dove il libero mercato, l’apertura alle imprese e alle multinazionali straniere sono sempre stati alla base della politica di tutti i governi, sempre attenti a soddisfare l’esigenze delle potenze occidentali. Se Cuba non è riuscita a creare un mondo senza distinzioni, un paradiso in terra, sicuramente è riuscita a raggiungere conquiste sociali non indifferenti se consideriamo i molteplici ostacoli imposti dal vicino nordamericano. Conquiste sociali, che la pongono all’avanguardia nel settore dell’educazione, con una percentuale di analfabeti inferiore anche ad alcuni paesi europei; la sanità, totalmente gratuita, è uno dei settori di maggiore investimento delle risorse dello stato, eppure nel nostro paese, considerato tra i più ricchi e sviluppati del mondo, la sanità sta subendo tagli alle spese con la riduzione del personale e sempre più persone si rivolgono al sistema sanitario privato. Se vogliamo possiamo fare un paragone con paesi latinoamericani come Argentina, oppure Honduras o Bolivia, ma il divario risulterebbe spaventoso.       

Cuba nel bene e nel male rappresenta per il resto del continente latinoamericano una importante esperienza, non solo di ribellione, ma oggi più che mai un chiaro esempio di dignità, di difesa della propria sovranità, una chiara alternativa al ruolo di predati che i popoli latinoamericani subiscono da più di 500 anni. Prestarsi al vile piano orchestrato dalla mafia cubana di Miami e alla strategia guerrafondaia di Bush e dei suoi alleati, non vuol dire solamente riconoscere agli Stati Uniti un ruolo di polizia internazionale, ruolo che certamente non hanno il diritto di detenere, ma anche lasciare che decidano della vita e della morte di milioni di essere umani, utilizzando in modo terroristico le più svariate motivazioni, sempre e comunque tutto finalizzato a precisi interessi.