Libertà per i Cinque Heroes cubani prigionieri negli USA

Il 16 e il 17 giugno del 1998 nella capitale cubana si realizzò un incontro tra una delegazione ufficiale statunitense (tra cui due esponenti dell’FBI) e le autorità di sicurezza cubane. In questa occasione alle autorità statunitensi presenti furono fornite numerose prove delle attività terroristiche di quaranta persone (tutte residenti in territorio Usa) volte a colpire la popolazione e l’economia cubana. La risposta statunitense arrivò tre mesi dopo con l’arresto di cinque cubani: Gerardo Hernández, Ramón Labanino, René González, Antonio Guerrero e Fernando González.

I Cinque (due di loro sono cittadini statunitensi figli di cubani fuggiti negli Stati Uniti durante la dittatura di Batista) avevano il compito di infiltrarsi nelle organizzazioni con sede a Miami che pianificavano, finanziavano e realizzavano azioni criminali fuori e dentro il territorio cubano. Organizzazioni come la Fondazione Nazionale Cubano Americana (FNCA), voluta dall’ex-presidente Ronald Reagan, Cuba Indipendente y Democratica, Comandos F-4, Hermanos al Rescate, Comandos L, Alpha 66, Brigada 2506 sono, insieme a tante altre, tutte responsabili di attacchi sul suolo cubano o contro obiettivi ritenuti determinanti per destabilizzare il governo dell’isola (da incursioni aeree, ad attacchi a strutture turistiche, una di queste uccise nel ’98 un ragazzo italiano, al sequestro di imbarcazioni ed aerei, attentati a dirigenti cubani e a Fidel Castro, fino a vere e proprie stragi come l’abbattimento dell’aereo della Cubana de Aviación il 6 ottobre del 1976 con 73 vittime).

Accusati di spionaggio e cospirazione i Cinque stanno pagando con pene che vanno dai quindici anni all’ergastolo (solo René González e Fernando González non sono stati condannati con il carcere a vita), l’aver denunciato alle autorità statunitensi il perpetuarsi di attività illegali sul suolo statunitense e quindi le reali intenzioni criminali di queste organizzazioni. Durante il processo nel dicembre del 2001, la difesa utilizzando tra gli altri testimoni anche generali e responsabili per la sicurezza Usa, ha dimostrato che i cinque non svolgevano alcuna attività di spionaggio, di ingerenza negli affari statunitensi e tantomeno potevano costituire una minaccia per la sicurezza del territorio e degli interessi statunitensi.

Nonostante l’infondatezza delle prove portate dall’accusa, determinante per la formulazione del giudizio è stata la sede del processo: Miami (non è superfluo precisare che la mafia cubana della città è stata determinante per l’elezione di Bush). Che per avere un processo imparziale la sede di Miami fosse la meno idonea non era un’ipotesi, l’odio contro il governo cubano è fondamento della ricca e potente comunità cubana di Miami, tanto che si è realizzato un controllato e mafioso sistema per cui chi vuole raggiungere i più alti vertici della società e ricoprire importanti cariche politiche ed economiche deve dimostrare di avere un forte sentimento anticastrista (dalla contea di Miami provengono i deputati al congresso più ferocemente anticastristi). La stessa cosa vale per chi vuole organizzare eventi artistici e culturali, chi sfugge da questa "regola" subisce contestazioni, minacce e aggressioni.

Per i Cinque era dunque impossibile avere un giusto processo, non assistere alla falsificazione di prove e ad una violenta pressione sulla vicenda da parte della struttura mafiosa anticastrista, subire un regime di detenzione in totale isolamento, senza nessun contatto con i familiari, ai quali viene negato il visto d’ingresso negli Stati Uniti. In sintesi pagare sulla propria pelle la concretizzazione di un ordito disegno criminoso che da quasi cinquant’anni colpisce la popolazione cubana (ricordiamo, perché è sempre effettivo, l’embargo nei confronti di Cuba ad opera degli Stati Uniti e condannato in più occasioni dall’assemblea delle Nazioni Unite) e che raduna in una stretta cooperazione CIA, FBI, governo statunitense, mafia e gruppi terroristici di Miami e del continente latinoamericano.

Il processo politico costruito per colpire Cuba e le evidenti macchinazioni (prove false, documenti nascosti alla difesa) hanno contribuito alla nascita di una campagna internazionale per la liberazione dei Cinque, anche negli Stati Uniti a San Francisco si è costituito il Comitato Nazionale per la Libertà dei Cinque, l’obiettivo minimo è quello di riuscire almeno a riaprire il caso, spostare la sede del processo da Miami e dare la possibilità agli imputati di avere contatti e visite con i familiari. La fondatezza per richiedere un nuovo processo è stata anche alla base dell’appello presentato dai legali della difesa al Tribunale di appello di Atlanta nel dicembre del 2003. La corte di appello nell’agosto del 2005 si pronuncia all’unanimità per la revoca delle condanne, ponendo come motivazione essenziale della necessità di ripetere il processo in una nuova sede, l’impossibilità per gli imputati di ricevere un giudizio equo in una città ostile come Miami.

La vendetta dei gruppi di potere mafiosi dei cubani di Miami ha concorso da un lato alla formazione del mito dei cinque eroi detenuti negli Stati Uniti che non hanno barattato la propria libertà, dall’altro ha riaperto la questione di terroristi come Posada Carriles, Orlando Bosch Avila (organizzatori dell’attentato del 6 ottobre 1976) o José Basulto (leader del gruppo Hermanos al Rescate che nel ’91 grazie a George Bush ricevette tre aerei militari per realizzare incursioni e attacchi sul suolo cubano), solo per citare i più tristemente famosi, che vivono tranquillamente negli Stati Uniti, proclamano attraverso interviste i loro obiettivi terroristici e rivendicano attentati definendoli semplicemente "legittimi atti di guerra contro Cuba".