Interrvento delle Brigate di sdolidarietà e per la pace al III Incontro internazionale della Rete delle Alternative all’impunità e alla globalizzazione del mercato, Oviedo luglio 2007, al tavolo di lavoro sulle infrastrutture
III. ENCUENTRO INTERNACIONAL "TERRITORIO Y VIDA", 22,23,24 DE JUNIO DE 2007, OVIEDO, ASTURIAS
AGRO – COMBUSTIBLES, EXPLOTACION MINERA, MERCANTILIZACION TERRITORIAL Y MEMORIA COLECTIVA
RED DE ALTERNATIVAS A LA IMPUNIDAD Y LA GLOBALIZACION DEL MERCADO
MESA: GLOBALIZACION DEL MERCADO Y RESISTENCIAS Panel 3 : INFRAESTRUCTURAS
LOS DESMADRES AMBIENTALES EN ITALIA
comunicazione di: BRISOP, Toscana, Italia
L’immagine più diffusa della globalizzazione capitalistica – elaborata e diffusa dalla cultura dominante – è quella che la descrive come il regno felice delle tecnologie informatiche e dei servizi immateriali. Un mondo nel quale la forma "immateriale" della produzione e della circolazione di beni e servizi avrebbe reso migliori le condizioni di vita della metropoli e si appresterebbe a fare altrettanto con le regioni e le popolazioni del Sud.
Una rappresentazione questa che appare parziale e fuorviante in quanto nasconde l’estensione a scala mondiale del lavoro materiale di fabbrica, la "pesantezza " e le nocività del lavoro manuale per milioni di donne e di uomini – comprese/i bambine e bambini – costretti a lavorare in gran parte del pianeta senza garanzie sociali e sanitarie, e non rende conto delle malattie e delle morti prodotte dai cicli produttivi nocivi e dallo sfruttamento di materia e fonti energetiche fossili.
Una rappresentazione, inoltre, che nasconde la recente ripresa di nuove forme di lavoro "schiavistico".
Nell’attuale globalizzazione neoliberista, infatti, convivono due "tipologie" di schiavi: a) lavoratori manuali e intellettuali sfruttati senza alcuna tutela; b) universo delle macchine che compiono operazioni e lavori un tempo effettuati dai lavoratori, togliendo in questo modo a milioni di esseri umani la possibilità del lavoro e della stessa sopravvivenza.
La globalizzazione appare dunque l’epoca in cui viene a compimento quell’antagonismo irriducibile – se si resta dentro l’ordine capitalistico – tra macchine e lavoro di donne e di uomini. Un antagonismo che emerse fin dall’avvento del capitalismo come uno dei suoi tratti caratteristici.
Con una differenza strutturale tra i due momenti: fino agli anni ottanta del secolo passato questo processo tecnologico e organizzativo produceva dis/occupazione, ora produce precarietà del lavoro e delle condizioni di vita.
La nascita del capitalismo annunciava la buona novella: la speranza pratica della possibilità di una vittoria sulla miseria, sulle ristrettezze, sulla precarietà dell’esistenza.
Tuttavia l’annuncio di prosperità per tutti grazie al definitivo imporsi del libero mercato e dello "sviluppo" era e continua a essere un colossale imbroglio.
Zygmunt Bauman – un attento analista delle trasformazioni sociali della contemporaneità – coglie questo aspetto quando sottolinea come uno dei risultati inevitabili della modernizzazione globale consista nella produzione di esseri umani di scarto, in esubero, eccedenti, precari. In una parola: " rifiuti umani".
"Lo smaltimento dei rifiuti umani prodotti nelle aree del pianeta "modernizzate" e in quelle "in via di modernizzazione" è stato il senso più profondo della colonizzazione e delle conquiste imperialistiche entrambe rese possibili, anzi inevitabili, dal differenziale di potere riprodotto incessantemente dalla pura e semplice disparità dello "sviluppo"…" "…La globalizzazione è diventata la terza, e attualmente la più prolifica e meno controllata, linea di produzione di rifiuti umani o di esseri umani di scarto…" "…Mentre dis-occupazione è il nome di una condizione manifestamente temporanea e anormale, …il concetto di esubero suggerisce un’idea di permanenza e allude alla normalità di questa condizione…" (Zygmunt Bauman, "Wasted lives. Modernity and its outcasts", Polity Press, Cambridge, 2004).
La globalizzazione neoliberista è dunque il luogo dove convivono l’aumento dei rifiuti umani quale dimensione strutturale del capitalismo e la proliferazione delle merci-rifiuto quale lato oscuro e vergognoso di ogni produzione capitalistica.
Emerge qui con sufficiente chiarezza la stretta relazione esistente tra precarietà dei rapporti sociali e forme di distruzione e di devastazione dei beni ecologici – ivi compresa la biodiversità – e della materia-energia.
Il movimento mondiale e quello italiano rispondono con la strategia rifiuti zero e con la lotta per un mondo zero precarietà e zero nocività, quale orizzonte progettuale e solidaristico dei soggetti antagonisti della trasformazione sociale.
1- E’ all’interno di questo profondo processo di "riordinamento" delle geografie fisiche e sociali del Capitale che in Europa – per certi versi in modo analogo a quanto sta accadendo a scala planetaria – assumono nuova importanza le infrastrutture territoriali, tecnologiche e organizzative indispensabili per rendere possibile la stessa globalizzazione, il flusso ininterrotto delle materie prime, delle merci, delle fonti energetiche.
Le caratteristiche salienti di questo imponente ed esteso processo di riordinamento in corso –possono essere sinteticamente descritte, come l’ insieme di quattro forme di infrastrutturazione del territorio e della società.
INFRASTRUTTURAZIONE FISICA
A questo proposito, più che di infrastrutture si dovrebbe in realtà parlare di opere che sono struttura stessa dell’accumulazione capitalistica nella globalizzazione.
Infrastrutture lineari: grandi e medie opere, autostrade e superstrade, treni ad alta velocità (TAV).
Infrastrutture puntuali: porti e porti turistici, aeroporti.
Infrastrutture tecnologiche e energetiche: centrali a carbone, centrali a policombustibile, rigassificatori offshore, dighe, inceneritori per rifiuti urbani e industriali, centrali e inceneritori per biomasse, discariche per rifiuti.
Infrastrutture urbanistiche e territoriali: riorganizzazione delle aree industriali dismesse, centri e fiere commerciali.
Infrastrutture militari: basi militari USA – vedi base Dal Molin a Vicenza, – o NATO; areoporti militari, presidi navali (Napoli, La Spezia).
In Italia, tale processo processo di infrastrutturazione prosegue una tendenza storica: il peso assunto dalle rendite fondiarie e immobiliari (dal ciclo edilizio) nello sviluppo del capitalismo italiano.
Questo processo di produzione di insediamenti e di infrastrutture ha portato il territorio italiano ad essere in un situazione di stress e di conclamata distruzione delle sue ecologie naturali e storiche.
INFRASTRUTTURAZIONE ORGANIZZATIVA
Accanto alla "pesantezza" delle trasformazioni infrastrutturali fisiche ambientalmente devastanti, emerge una infrastrutturazione organizzativa la cui forma emblematica è rappresentata dai servizi (servizi alle imprese, servizi finanziarie, servizi locali di gestione dei beni ecologici, energetici e della salute).
I servizi alle famiglie – energetici, in particolare riferiti all’approvvigionamento dell’energia elettrica, gas, acqua, telefonia, servizi sanitari che erano di competenza del settore pubblico sono diventati uno dei settori economici a maggior estrazione di plusvalore.
In questo passaggio risiede la vera ragione dei processi di liberalizzazione dei servizi che hanno assunto la forma SPA e che sono stati sottomessi alle regole del libero mercato, e di quelli di privatizzazione con vendita alle corporazioni e alle società multinazionali di beni fondamentali per la vita e per la vita associata: acqua, energia, salute.
In questo quadro, in Italia, si riscontra un ruolo specifico delle cooperative – promosse negli anni ’50 del 1900 dalle forze organizzate della sinistra storica – PCI , PSI e sindacati ufficiali – che hanno assunto a partire dagli anni 80-90 una configurazione capitalistica con un potere importante specie nelle regioni del centro-Nord (Toscana, Emilia Romagna, Umbria, Padania del sud). Oggi sono a tutti gli effetti divenute vere e proprie centrali economico-finanziarie.
INFRASTRUTTURAZIONE DEL COMANDO
E’ in corso una trasformazione di alcune città e/o di alcune regioni in centri di comando sull’organizzazione dell’economia.
Queste forme di accentramento spaziale delle funzioni di comando, direzione e controllo sono l’altra faccia degli estesi fenomeni di dispersione spaziale delle produzioni – iniziati già negli anni settanta del 1900.
INFRASTRUTTURAZIONE DI CONTROLLO MILITARE
Basi, scorie radioattive riciclaggio sito di stoccaggio aeroporti militari
Tutti questi processi hanno segnato pesantemente il territorio e prodotto distruzione ambientale e territoriale e diffusione delle nocività e dei rischi dei cicli chimici ecc. dalla fabbrica al territorio.
MOVIMENTI
E’ proprio contro queste quattro trasformazione strutturali e infrastrutturali che in Italia è nato e cresciuto un vasto movimento di comitati popolari di cittadini, di realtà di base , di sindacati di base, di associazioni che hanno dato vita a estese lotte e vertenze descrivibili come "antagonismo progettuale" contro:
Basi militari, aeroporto militari e civili, TAV, gestione del ciclo dei rifiuti (inceneritori e discariche), impianti energetici a fonti non rinnovabili, privatizzazione e liberalizazione dei servizi (sanità, acqua, energia, rifiuti); espropriazioni e vendita di terre demaniali, Ogm, elettrosmog.
I processi di privatizzazione, liberalizzazione, espropriazione di beni e risorse collettive, di settori economici e patrimoni pubblici, di servizi sociali, avallati, permessi e gestiti indifferentemente dai governi di centro-destra e centro-sinistra hanno prodotto in questi anni la nascita e la crescita di conflitti e soggetti che si oppongono alle conseguenze economiche, sanitarie, sociali ed ambientali di questi processi.
Al gran numero di progetti, pensati e sviluppati dal sistema delle imprese italiane, europee e multinazionali sul nostro territorio hanno cominciato ad opporsi Comitati, Reti, Collettivi, Gruppi, mossi principalmente dalle preoccupazioni per le conseguenze immediate dei differenti progetti: danni sanitari, inquinamento e nocività, problemi e disagi dovuti ai "lavori in corso", ricadute negative sull’occupazione, sottrazione di risorse e fondi pubblici per opere e progetti inutili per la collettività. La nascita e lo sviluppo di questi conflitti, che imprese e istituzioni tentano strumentalmente di ridurre alla categoria del "not in my backyard" con l’accusa di difendere gli interessi "particolari" degli abitanti trascurando gli interessi "generali" che questi progetti servirebbero, ha invece ed in realtà innescato un poderoso processo collettivo di apprendimento sociale fatto di lotte, conoscenze, saperi e concreti progetti alternativi autoprodotti.
I movimenti di questi anni, sviluppatisi in tutta Italia, sono in realtà portatori di interessi generali e non settoriali, sono protagonisti e autori di conflitti progettuali globali che sul territorio si oppongono alle nocività sanitarie ed ambientali e che, contemporaneamente, discutono, elaborano e propongono differenti, ma concreti, modi di produzione delle merci non energivori e non nocivi, di gestione della materia-energia, dell’acqua, dell’agricoltura, delle città e del territorio.
I movimenti e i conflitti di cui stiamo parlando, dentro i quali "lavoriamo" e per lo sviluppo dei quali vediamo utile e imprescindibile lo sviluppo di "relazioni internazionali dal basso", li leggiamo, in parte, come sedimentazione e frutto della fase del movimento anti-globalizzazione che da Seattle (Novembre 1999) è arrivata al Social Forum di Firenze (Ottobre 2002) passando per Goteborg, Praga ed il sangue di Genova (Luglio 2001).
Nella dichiarata e concreta ricerca di "autonomia" di questi movimenti (in verità più chiara in alcuni e meno in altri, più matura in alcune componenti e meno in altre) leggiamo l’attuale crisi globale della rappresentanza e del sistema della delega, troviamo l’aspirazione ad "un altro mondo possibile" oltre il modello neoliberista.
Da questo punto di vista la lotta del movimento No TAV sviluppatasi in Val di Susa nell’autunno-inverno 2005 è stata, e continua ad essere, un catalizzatore ed un propulsore importante. In quella valle la determinazione della gente, unita ad un lavoro decennale di informazione e mobilitazione popolare ha fermato il progetto Alta Velocità (la tratta Torino-Lione). L’invasione ed il blocco dei cantieri, l’occupazione permanente dei terreni da espropriare, la resistenza con i corpi all’avanzare dei mezzi e delle forze dell’ordine hanno mostrato a tutta Italia che "Fermarlo è possibile".
Il movimento NO TAV della Val di Susa ha saputo conquistare la simpatia, il consenso e la solidarietà di gran parte degli italiani, è riuscito a risvegliare aspettative e speranze. Restituendo l’idea dell’ "altro futuro possibile" ha ridato nuove energie e nuovi stimoli.
Dobbiamo rilevare che si è registrato un ritardo nella capacità di collegare e saldare le lotte territoriali dei comitati popolari e le lotte del movimento contro i grandi temi della globalizzazione neoliberista. Un ritardo che si sta rapidamente colmando.
ALLEGATO
Di questi movimenti ci sembra utile fornire una sintetica "mappatura"
RETE NAZIONALE RIFIUTI ZERO. (faber.b@libero.it – noinc@yahoogroups.com )
(collegata alla Rete Mondiale GAIA)
Raccoglie e coordina circa 350 comitati popolari che in tutta Italia lottano contro l’attuale gestione dei rifiuti e in particolare contro inceneritori, discariche , estremamente dannosi per la salute (polveri ultrafini, metalli pesanti: cadmio, mercurio, diossine, furani) Le lotte sono particolarmente estese in Piemonte, Toscana, Emilia, Lazio, Campania, Sicilia. La Rete Rifiuti Zero al 2020 propone una riorganizzazione della produzione verso cicli puliti e che usino minori quantità di materia e di energia, la riduzione della produzione dei rifiuti, il riutilizzo e il riciclaggio attraverso le raccolte differenziate porta a porta, il trattamento meccanico biologico (a freddo) di ciò che residua. Sono in corso vertenze contro la tariffa e gli incentivi finanziari all’ incenerimento, alle biomasse e ai rifiuti biodegradabili, che drenano soldi dalle tasche degli abitanti per finanziarie il ciclo nocivo di trattamento degli inceneritori. Lotta sia contro la proliferazione dei rifiuti industriali che dei rifiuti domestici.
MOVIMENTO CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA(hyperlink@lists.riseup.net)
Lotta contro la privatizzazione dei servizi idrici, la loro svendita alle multinazionali dell’ acqua e alimentari, per la ripubblicizzazione della gestione dell’ acqua, contro gli sprechi in particolare dei settori produttivi umidi (agricoltura industrializzata, cartiere, tessile, concerie).
Aderisce al Contratto Mondiale dell’ acqua. Ha raccolto firme per legeg popolare acqua e ripubblicizzazione acqua.
RETE NAZIONALE NO CENTRALI (nocentrali@liste.comodino.org)
Raccoglie tantissimi comitati popolari che si battono contro centrali per la produzione di energia da combustibili fossili e nucleari.
RETE NAZIONALE NO ELETTROSMOG (cosmobox@virgilio.it)
Sabato 3 marzo 2007 si è tenuto a Firenze l’incontro promosso da una rete di comitati che si battono contro l’elettrosmog, per discutere ed organizzare la ripresa di un movimento nazionale capace di incidere efficacemente sulle politiche di tutela della salute e dell’ambiente contro gli effetti dell’inquinamento elettromagnetico. Erano presenti i seguenti rappresentanti di singoli comitati, associazioni, coordinamenti cittadini, regionali, nazionali: ALCE, Forum Comitati Veneti, APPLE, Coordinamento Comitati Romani, AIE (Associazione Italiana Elettrosensibili), Associazione Alberi, Non Antenne di Bologna, Rete Nazionale Rifiuti Zero ed i comitati di: Ferrara, Massa, Pisa, Firenze, Volturino e Catanzaro. La riunione ha deciso l’attivazione ufficiale di una rete nazionale denominata Rete Nazionale Elettrosmog (RE..N.E.) costituita inizialmente dalle associazioni presenti, ma aperta all’ingresso di altre associazioni con la medesima finalità. Molti altri aspetti sono stati affrontati (ridefinizione del quadro delle tecnologie e delle strategie dei gestori della comunicazione e dell’energia, insorgenza diffusa anche in Italia del problema della ipersensibilità ai cem -data l’elevazione dei livelli di inquinamento attuale, necessità di ri-fare il punto in un convegno nazionale scientifico con ICEMS in una importante sede istituzionale, proposta del 5/ per mille nella denuncia dei redditi a favore della ricerca sui cem, ecc.): essi saranno sviluppati nei futuri incontri.
NO COKE ( www.nocoke.org)
Ci battiamo contro la riconversione a carbone della centrale ENEL "Torre Valdaliga Nord" a Civitavecchia, ma siamo convinti e determinati a dire no al carbone ovunque nel mondo!
Il carbone, l’olio combustibile e tutti i combustibili fossili sono infatti la fonte di energia più inquinante e antiquata e rappresentano inoltre il principale movente alle guerre del pianeta.
Rete Cittadini no Turbogas – Aprilia (Latina)
Non abbiamo limiti di colori politici, tutti possono intervenire ed aiutarci, ma alle manifestazioni la bandiera unica è quella con la scritta "NO TURBOGAS" .
Abbiamo organizzato dei gruppi di lavoro (Relazioni Istituzionali, Comunicazione, Legale, Scuola …).
Speriamo di bloccare la costruzione della Turbogas, qui e ovunque, perchè riteniamo che sia una risposta dannosa, oltre che obsoleta, al problema dell’energia.
Provoca gravi danni alla salute e all’ambiente, inoltre non ci rende indipendenti, in quanto il gas noi lo importiamo.
Coordinamento contro gli F-35 (Piemonte)
Si tratta di un insieme di organizzazioni e gruppi, per lo più piemontesi e lombardi, che hanno deciso di incontrarsi a Novara l’11 marzo 2007 per dare vita ad un coordinamento stabile con lo scopo di opporsi al previsto assemblaggio dei cacciabombardieri F 35 nell’aeroporto militare di Cameri, che si trova a pochi chilometri da Novara. Il carattere dell’intervento del Coordinamento è informato ai principi dell’antimilitarismo e dell’autonomia dai soggetti istituzionali. Di conseguenza l’opposizione alla costruzione dei nuovi cacciabombardieri F 35 non si limita ad una questione territoriale: si intende infatti portare tale problema all’attenzione di tutti i movimenti contro la guerra ancora presenti in Italia.
Comitato Livorno-Pisa contro il Rigassificatore OffShore (Toscana) www.offshorenograzie.it
Il Comitato nasce nel 2002 per lottare contro il Progetto di rigassificatore galleggiante Offshore a largo della costa tra Livorno e Pisa. Nel 2003 fu presentato al Comune di Livorno un Referendum popolare che ci venne illegalmente negato. Siamo dodati di un Comitato Tecnico-Scientifico composto da ingegneri, fisici e ricercatori del CNR, che supporta il Comitato.
Le lotte del Comitato si sono sviluppate in questi anni attraverso Assemblee, Incontri, Manifestazioni che hanno coinvolto migliaia e migliaia di cittadini tra Livorno e Pisa.
No Mose (Venezia) www.nomose.org
Il 6 luglio 2005 Si è formalmente costituita a Venezia, l’ASSEMBLEA PERMANENETE NOMOSE il cui obiettivo è agire per bloccare comunque la costruzione degli sbarramenti alle tre bocche di porto del sistema MoSE e per contribuire all’equilibrio ambientale della laguna con la sperimentazione e l’attuazione di quegli interventi alternativi, ecocompatibili, già individuati e realizzabili, che permettano di superare definitivamente il problema delle acque alte.
Perchè non vogliamo il MoSE
Per le dimensioni dei cantieri e delle opere finite. Per la devastazione ambientale durante la loro costruzione che avrà una durata di almeno 10 anni. Per la modifica irreversibile del paesaggio lagunare. Per gli elevatissimi costi di realizzazione e di gestione. Per le ripercussioni sulle attività del Porto di Venezia. Per la modificazione dell’ecosistema della Laguna di Venezia. Per l’inutilità nel difendere Venezia dalle acque alte. Per l’esistenza di alternative molto meno costose, di immediata realizzazione, sperimentabili e reversibili che possono meglio difendere la città e le isole dalle acque alte. Ci possiamo liberare dalle acque alte, senza Mo.S.E., prima sperimentando e poi costruendo in tempi più brevi e con costi minori,le opere alternative già individuate che potranno comunque essere modificate qualora servisse renderle più adatte a condizioni future oggi non immaginabili.
No DAl Molin (Vicenza) www.nodalmolin.it
NO ALLA BASE USA PERCHE’
Militarizzazione della città. A Vicenza e provincia si sono già troppe basi e impianti militari
(la Caserma Ederle, Site Pluto a Longare, la base al Tormeno, i magazzini a Torri di Q.lo, la
housing area a Vicenza Est, …) per non parlare del quartier generale della Gendarmeria
Europea. Tutto questo in una città di 110 mila abitanti!
Protezione del territorio. L´area interessata alla costruzione della base è una vasta area
verde completamente circondata dalla città di circa 500.000 mq (che potrebbero diventare
1.250.000 mq se si considera anche l’aeroporto stesso).
Perdita della sovranità territoriale e nazionale. Conseguenti mancate opportunità per un
diverso sviluppo. L’intera area militarizzata (comprese le basi esistenti) sarà superiore in estensione alla stessa zona industriale di Vicenza e bloccherebbe definitivamente lo sviluppo della città. base. Questo porterà ad un incremento di 15000 persone della popolazione della città.
COORDIANMENTO DISARMIAMOLI ( info@disarmiamoli.org)
Coordina le lotte contro le basi USA e NATO in Italia, contro gli aeroporti militari ed è attivo nel movimento contro la guerra e in quello ecopacifista. Ha organizzato nel mese di maggio una carovana nazionale che ha percorso l’ Italia collegando i siti dove esistono o sono in progetto basi e aeroporti militari.
Rete No Ponte ( Sicilia-Calabria) www.retenoponte.org
Rete Noponte, si ispira ad un modello di società basato su principi ecosostenibili e solidali e intende difendere la ricchezza paesistica, ambientale e naturalistica del mare e delle terre tra Calabria e Sicilia, vera grande risorsa turistica, in un luogo unico nella storia e nella cultura del Mediterraneo che va difeso da interventi il cui impatto sarebbe irreversibile.
In questa zona ad levato rischio sismico e dai precari equilibri urbanistici e territoriali, il Governo, nonostante evidenti carenze progettuali e la crescente opposizione della popolazione, sta portando avanti la realizzazione di un ponte che vorrebbe collegare le due sponde dello Stretto, ad unica campata della lunghezza di 3.300 metri, con doppio impalcato stradale e ferroviario, per un costo prudenziale stimato, oggi, a consuntivo in circa 6 miliardi di euro (quando il costo reale dell’opera, per l’aumento dei prezzi dei materiali, delle compensazioni ambientali e del calcolo sbagliato sulla durata dei cantieri, almeno 12 invece di 6 anni, portano a stime che si aggirano tra i 7,5 e i 9 miliardi di euro).
NUCLEARE
L’energia con l’avvento del capitalismo,ha giocato un ruolo sempre più importante. Dai " padroni del vapore" in poi si è sempre più dovuto impadronirsi di risorse energetiche per produrre profitto saccheggiandole nei paesi dove questa ricchezza si poteva sfruttare.
Negli anni ’70 la crisi petrolifera porta i "signori dell’atomo" ad accelerare re con forza la costruzione di centrali nucleari con la scusa della mancanza di energia elettrica. I movimenti capirono fin da subito che questa corsa al nucleare nascondeva lauti profitti per quella parte del capitale che propugnava lo sviluppo dell’energia nucleare con l’utilizzo in più nel campo militare.
In tutta Italia ci fu la corsa ad aprire siti nel nord : a trino vercellese a caorso nell’emilia rossa al pec (prova elementi combustibili) del brasimone al confine fra toscana ed emilia, a montalto di castro nell’alto lazio fino al sud a nova siri e nelle puglie con la filiera del carbone a cerano. Sul finire degli anni ’70 fino alla metà degli anni ’80 dopo il disastro di chernobyl e con la vittoria del referendum che chiudeva definitivamente con il nucleare, i movimenti attaccarono queste cattedrali nel deserto con interventi nei territori dove sorgevano, con l’intento di coinvolgere i cittadini della zona, smascherando il vero disegno del profitto capitalistico (Ansaldo e Fiat) erano le principali industrie che usufruivano delle commesse e dall’altro il disastro ambientale che tali mostri producevano sul territorio danneggiando la salute dei cittadini.
La lotta porto’ il movimento a scontrarsi con la lobby del nucleare sia politica che economica che gestiva il progetto nucleare.I partiti e le amministrazioni dove sorgevano le centrali accettavano cio’ vedendo un lauto profitto che una disastrosa legge, la legge otto, risarciva le amm.ni del rischio che si prendevano ospitando il nucleare come se la salute potesse essere monetizzata. Da Montalto di Castro al Pec, da Caorso a Trino vercellesese passando per Brindisi il moimento antinucleare blocco’ varie volte l’ingresso dei lavoratori per affermare il loro no al nucleare.Con queste azioni si indicava anche ai lavoratori, attraverso un rapporto costruito negli anni, che si poteva lavorare anche per uno sviluppo diverso da quello del nucleare. La vittoria di quella stagione di lotta dimostrò con chiarezza che quando la popolazione si organizza e lotta decisa per i propri obiettivi che non sono quelli della classe dominante si puo’ cambiare il corso della storia NUCLEARE MAI PIU’
Recent Comments