IL SILENZIO SULLE PROPRIETÀ COLLETTIVE. IN MOVIMENTO PER LA RIAPPROPRIAZIONE.
Processi di espropriazione e di sfruttamento nelle globalizzazioni del Capitale – Tradizioni della Cooperazione Antagonista
(fabrizio bertini)
L’ incontro di Lucca – "E’ finita l’ epoca delle Ong. Dall’ Aiuto allo Sviluppo alla Cooperazione Antagonista contro guerra e neoliberismo", 5/6 novembre 2005 – assume Ong e Cooperazione Antagonista come termini di una contrapposizione strutturale.
Nel suo intervento – "La società civile e la guerra" – Giorgio Ferrari sviluppa una indagine critica del concetto di ‘società civile’, la cui espressione principale e più diffusa nella contemporaneità viene identificata nelle Organizzazioni non governative (Ong).
Secondo Ferrari, le interpretazioni prevalenti della ‘società civile’ – da quella propria della tradizione giusnaturalistica, a quella di Hegel che la concepisce come " momento giuridico amministrativo delle relazioni tra gli uomini, mentre lo Stato vero e proprio avrebbe rappresentato il momento etico-politico", a quella di Marx che "riconduce l’ analisi della società civile nell’ ambito dell’ economia politica proprio in quanto le istituzioni politiche si basano sui rapporti materiali dell’ esistenza dai quali prende origine la società civile" – la descrivono come una delle manifestazioni della società borghese.
Pensando al ruolo che oggi viene ad assumere la società civile – almeno nelle enunciazioni normative, "nuova superpotenza mondiale" (secondo il segretario dell’ Onu Kofi Annan) o asse portante della democrazia partecipativa ( secondo la Costituzione europea) – viene spontaneo chiedersi, come fa Ferrari, perché "la borghesia dovrebbe rinunciare alle sue prerogative in favore della società civile?" e inoltre " E’ la società civile che avanza dentro la società politica fino a svuotarla di senso, o questa derubricazione funzionale delle istituzioni che vediamo accompagnarsi alla crescita della società civile è uno stratagemma ideologico della borghesia?".
Per Ferrari la riflessione di Gramsci ci aiuta a concepire la ‘società civile’ come momento privilegiato in cui si manifesta l’ egemonia delle classi dominanti. L’ ambito della società civile non è solo la base materiale dei rapporti economici su cui si fonda la società di classe, ma è anche il momento in cui la classe dominante sviluppa la formazione del consenso. "L’ elemento di novità che Gramsci inserisce in quest’ analisi è quello per cui la società civile non è solo il luogo dove si formano le relazioni economiche (Marx), ma è anche momento etico-politico in cui la classe dominante ricerca – attraverso l’ etica- la formazione del consenso e dunque esercita la sua egemonia." La salvezza sembra risiedere nella ‘società etica’, di cui la ‘società civile’ è parte costitutiva.
Potremmo dire che la società civile ci appare oggi come uno dei luoghi della valorizzazione del Capitale, sia nelle sue forme materiali/economiche che in quelle relazionali e simboliche.
L’ intervento di Ferrari a Lucca si chiudeva con un richiamo al conflitto di classe come luogo di valorizzazione del proletariato e delle diverse forme dell’ antagonismo sociale.
Nel contributo che segue si cerca di indagare l’ altro termine della contrapposizione posta alla base dell’ incontro di Lucca, vale a dire la cooperazione antagonista.
Il testo richiama la questione dell’ espropriazione delle terre e delle proprietà collettive dal punto di vista del conflitto di classe, cerca di rintracciare in modo sicuramente non esaustivo e non onnicomprensivo alcune tradizioni della cooperazione antagonista (ve ne sono infatti altre).
Tradizioni di cooperazione antagonista che presentano qualche interesse perché hanno avuto la capacità di tenere insieme diverse soggettività sociali legate ai lavori di costruzione del capitalismo, perchè si sviluppano nella fase di espropriazione delle terre collettive e per la capacità che hanno avuto di porsi come alternativa al capitalismo ed in particolare a quello che è stato chiamato ‘capitalismo atlantico’.
In sintesi una ricerca verso una sorta di grado zero dell’ antagonismo e della cooperazione antagonista.
Riflettendo ancora un attimo sulla ‘società civile’ e sulle Organizzazioni non governative, riandiamo a Seattle e al movimento che lì manifesta le sue possibili potenzialità e la sua forza materiale e simbolica, dopo anni di lavoro e di mobilitazioni. Qual’ è la sua composizione?
– Popoli nativi ed indigeni e realtà non completamente risucchiate nel modello capitalistico (sem terra, via campesina, zapatisti) che lottano contro l’ espropriazione delle terre, dei semi, dei saperi;
– Migranti e forza lavoro multietnica sfruttata dalla globalizzazione neoliberale;
– Sindacalismo di base;
– Movimenti contro le nocività ambientali, sociali, tecnologiche del Capitale; contro la privatizzazione dei beni ecologici collettivi, del menoma, dei servizi sociali; movimenti urbani ;
– Organizzazioni non governative.
A Seattle si manifestano differenti soggettività e vengono rivendicate nuove forme di socialità.
Le Ong in particolare chiedono decisioni più rispettose della società civile, più responsabili, più etiche , chiedono di contare nelle decisioni internazionali
Lo straordinario movimento ripartito dopo Seattle è in parte rimasto prigioniero della logica delle Ong, non riuscendo completamente a liberare antagonismo e processi di trasformazione reali rispetto ai processi di aggiustamento delle dinamiche del capitalismo, di cattura del consenso e di egemonia della borghesia.
Chiediamoci ora: ci sono state fasi storiche nelle quali è stata viva , vitale e fertile la connessione tra lotta contro l’ espropriazione delle terre, lotte dei lavoratori che hanno costruito l’ infrastrutturazione iniziale fisica/materiale e sociale del capitalismo, lotte della nascente classe operaia, lotte dei neri e dei popoli natici, lotte delle donne, lotte contro la schiavitù e lo schiavismo?
Ci sono tradizioni che hanno avuto la capacità e la creatività di tenere insieme le varie forme, qualche volta anche contraddittorie, della lotta e dell’ antagonismo di classe, mantenendo unitaria anche se articolata al proprio interno la composizione di classe.
Quattro aspetti di metodo:
a) si parla qui di ‘globalizzazioni’ del Capitale al plurale perché nella storia si sono avute varie forme di globalizzazione, da quella propria del "capitalismo atlantico" nel periodo di avvento e consolidamento del capitalismo, a quella a cavallo tra fine 1800 e inizio del 1900, alle varie forme di mondializzazione dell’ economia, alla globalizzazione neoliberista di oggi.
b) Per globalizzazione capitalistica si intende non tanto l’ espansione dei mercati delle merci e dei capitali finanziari, quanto piuttosto la dilatazione della divisione sociale e internazionale del lavoro, o più propriamente la divisione territoriale del lavoro, l’ utilizzo planetario di forza lavoro.
c) La questione della proprieta’ collettiva e dell’ uso collettivo di terre comuni è legata a modi di produzione specifici, alle relazioni tra regimi di proprietà e modelli di produzione e di sviluppo. In realtà parlare di uso collettivo delle terre significa affrontare non già questioni di diritto ma modi e rapporti sociali di produzione.
d) Il conflitto città/campagna sembra essere una categoria più utile di quella sviluppo/sottosviluppo. Il conflitto città/campagna , secondo Marx, costituisce il perno di tutta la storia. Tale conflitto ha importanza quanto quello di classe, soprattutto nella contemporaneità, perché permette di porre il luce le dinamiche ecologiche e entropiche. Aspetto quest’ultimo di estrema importanza stante la fase di transizione dalle fonti energetiche fossili- distrutte dal modello di sviluppo capitalistico- a quelle rinnovabili e ad un possibile e radicalmente nuovo ordine sociale.
Con questo non si vuol negare lo squilibrio tra continenti e subcontinenti che diventano sempre più ricchi e continenti e subcontinenti che diventano sempre più poveri e sempre più espropriati.
1. UN INTRECCIO FONDATIVO DELLO SVILUPPO DEL CAPITALE
Espropriazione delle terre collettive, mercificazione del territorio e del lavoro.
1.1. La storia delle espropriazioni delle proprietà collettive, delle terre comuni e dei diritti d’ uso sulle terre è una storia intimamente connessa alla nascita del capitalismo. Essa ne accompagna lo sviluppo dall’ espansione coloniale, al fordismo e fino ai nostri giorni in epoca di neoliberismo, se è vero come è vero che amministrazioni pubbliche (ad esempio la regione Toscana) mettono nel circuito della valorizzazione fondiaria e finanziaria interi territori di provenienza collettiva e facenti parte giuridicamente del demanio pubblico, alienando così il nostro patrimonio ecologico collettivo.
Il capitalismo inglese in particolare, durante il 1600 e nella prima parte del 1700, inizia a costruire un nuovo ordine sociale di espropriazione e conquista , fatto di fabbriche, piantagioni, navi mercantili e schiavismo, cercando di sfruttare ai fini della sua prima e poderosa valorizzazione l’ umanità espropriata tra le sponde dell’ Atlantico :Africa, Americhe, Europa.
E’ vero infatti che l’ intreccio delle trasformazioni produttive , energetiche ed economico-sociali di quella forma societaria che alcuni storici chiamano ‘capitalismo atlantico’, si sviluppò inizialmente in Inghilterra dalla fine del 1500 e per tutto il 1600 e il 1700 , dando vita a forme che caratterizzeranno a lungo l’ espansione del capitalismo: la nascita della fabbrica e delle manifatture quali luoghi concentrati di estrazione di plusvalore, la costruzione della macchina a vapore e del telaio meccanico nell’ industria tessile ( la macchina tessile, secondo il filosofo-tecnologo della manifattura Ure, ha la capacità di sedare l’ indisciplina), la trasformazione dell’ agricoltura dalla coltivazione di sussistenza al pascolo commerciale e al latifondo, l’ estensione del lavoro salariato quale forma di sussistenza e di sfruttamento, la crescita del lavoro a domicilio, la nascita della prima forma di globalizzazione, del commercio mondiale, della colonizzazione, dello schiavismo, l’ imporsi del mercato come istituzione sociale portante, lo sfruttamento intensivo di bambini e donne, queste ultime ormai ridotte al ruolo di "proletariat", vale a dire di fornitrici di forza-lavoro per le produzioni e i profitti del capitalismo.
Per dirla con Marx si concretizza "la divisione territoriale del lavoro, che vincola branche particolari della produzione a distretti particolari di un paese……L’ ampliamento del mercato mondiale e il sistema coloniale, che fan parte della sfera delle condizioni generali della sua esistenza , forniscono al periodo manifatturiero abbondante materiale per la divisione del lavoro entro la società…….la manifattura si impadronisce, oltre che della sfera economica, di ogni altra sfera della società, ponendo dappertutto le basi di quel perfezionamento delle specializzazioni e di un frazionamento dell’ uomo che fece prorompere a suo tempo già A. Ferguson, il maestro di Adamo Smith, nell’ esclamazione: "Noi facciamo una nazione di iloti, e non ci sono uomini liberi fra di noi". (K.Marx, Il Capitale).
Compresero le conseguenze della globalizzazione come forma specifica del capitalismo ‘atlantico’, sia Adamo Smith che Karl Marx, considerando che l’ espansione della produzione di merci ( per Smith estensione del mercato, per Marx divisione sociale del lavoro) conferiva un nuovo assetto alla geografia fisica e sociale del globo e trasformava l’ esperienza del lavoro, sotto le forme di lavoro salariato e di schiavitù.
Dispotismo, violenza sul luogo di lavoro (in fabbrica, nelle terre espropriate in Europa e nel nuovo mondo e nelle piantagioni americane) e anarchia del mercato mondiale si svilupparono insieme.
1.2. Per quanto possa sembrare strano – o perché ne abbiamo persa memoria di classe o perché la questione rurale e contadina è sempre rimasta ai margini dei nostri interessi o perché ancora la storia per così dire di parte antagonista ha abbandonato l’ argomento – tutte queste varie forme in cui si è sviluppato il capitalismo, ebbero origine nella imposizione e nella pratica delle ‘ enclosures’ – vale a dire le recinzioni e le chiusure delle terre che nell’ economia contadina dei villaggi e delle zone rurali erano lasciate all’ uso comune.
Le enclosures, la legislazione inglese che portò all’ espropriazione delle terre comuni e la conseguente espulsione da quelle terre di centinaia e migliaia di contadini crearono un nuovo soggetto: le masse inurbate o deportate che non avevano altro da vendere che la propria forza -lavoro.
Si formò in quel periodo il primo grande ‘esercito di riserva’ disponibile per la produzione di fabbrica o per le piantagioni americane o nelle colonizzazioni del nuovo mondo, sia come salariati, che come servi, che come schiavi. Iniziò inoltre quel profondo processo di disciplinamento sociale dei lavoratori, divenuti ormai forza-lavoro della valorizzazione del Capitale.
La creazione delle enclosures, la conquista dei territori oltreoceano, del corpo delle donne e dei bambini, dei saperi autonomi con la distruzione delle corporazioni artigiane e delle pratiche contadine, favorirono nuovi lavori, nuove forme di organizzazione economica e sociale attraverso l’ estensione della giornata lavorativa sociale, nuove discipline imposte con il terrore, la coercizione, fino all’ esecuzione capitale.
Tale forma di espropriazione è stata sempre in sintonia – tutte le volte che si è realizzata nel corso di varie epoche storiche – con l’ inizio di processi di accumulazione del Capitale ed è stata la ragione prioritaria che trasformò il lavoro e la terra in merci.
In tutta Europa – anche se in Inghilterra ciò avvenne con maggiore continuità, forza, estensione e violenza e anzi divenne la caratteristica dello sviluppo del capitalismo inglese ed atlantico – i proprietari terrieri, in particolare i latifondisti, modificarono le pratiche agrarie recintando i terreni coltivabili e impedendo l’ accesso alle terre di uso comune.
1.3.
Da un lato abbiamo la costruzione della agricoltura capitalista. Il villaggio a campi aperti e la sua economia corrispondevano ai bisogni primari di affittuari, contadini e abitanti rurali ed erano la base della comunità contadina e rurale che produceva cereali, ortaggi e bestiame per la propria sussistenza. I cambiamenti necessari per una agricoltura industriale e capitalistica, esigevano la creazione di nuove unità di gestione e ciò significava la suddivisione e la recinzione dei terreni comunali o collettivi , il dissodamento dei pascoli e delle terre incolte. La pratica dell’ enclosure (recinzione) è riconducibile al passaggio da una produzione di sussistenza ad una per il mercato. Per esempio anche per fornire lana alle manifatture tessili in espansione. Vennero messe a coltura anche vaste aree sottratte agli usi civici, attraverso le bonifiche. Le esigenze della produzione industriale in campo agricolo imponevano nuove condizioni e nuovi modi di produzione. Le nuove rotazioni agrarie, l’ incremento dell’ allevamento, le concimazioni mal si conciliavano con i maggesi e le vaste superfici occupate da boschi e destinate ad usi civici.
1.4.
Dall’ altro il capitalismo in piena espansione ha necessità di manodopera , di "attingitori di acqua e di tagliatori di legna", di salariati e di schiavi per le Americhe.
In Inghilterra alla fine del XVI secolo la quantità dei senza terra era aumentata di 12 volte rispetto a cento anni prima e alla fine del XVII secolo circa un quarto della terra era recintata.
Gran parte della massa di braccianti agricoli e contadini, senza un lavoro remunerativo, privi di terra , privati dell’ accesso alle terre comuni, senza occupazione caddero nelle maglie di un codice di lavoro e di un codice penale tra i più feroci e barbari : statuti contro le rapine, leggi sul vagabondaggio, violenze fisiche, mutilazioni, impiccagioni.
1.5. C’ è una specifica connessione tra l’ espropriazione dei contadini e dei lavoratori europei da parte dei proprietari terrieri e l’ espropriazione delle popolazioni indigene e dei popoli nativi nelle Americhe.
Accanto alle espropriazioni di terre inizia tra fine del 1500 e 1600 il processo di tratta degli schiavi. I neri deportati nelle piantagioni americane divengono così altrettanto essenziali per lo sviluppo del capitalismo.
1.6. E’ significativo che proprio in questa fase inizi la caccia alle ‘streghe’ : le donne furono bersaglio del terrore; attorno al 1604 quattromila donne vennero bruciate e 800 impiccate .
Secondo le analisi di Silvia Federici la caccia alle ‘streghe’ in Europa raggiunse il punto massimo tra il 1550 e il 1650 "simultaneamente alle enclosures, all’ inizio del commercio degli schiavi e alla promulgazione delle leggi contro i vagabondi , in paesi in cui era in corso una riorganizzazione del lavoro lungo le linee direttrici del capitalismo".
Inoltre per il lavoro forzato molti ad essere deportati furono bambini. La Virginia Company, ad esempio, si rivolse alla municipalità londinese per concordare la deportazione di varie centinaia di bambini poveri tra otto e sedici anni.
Dopo gli anni 90 del Cinquecento la legislazione sulla proscrizione ebbe come bersaglio gli irlandesi, gli zingari, gli africani. Furono la confisca delle terre, la deforestazione, le croniche crisi di sussistenza, la repressione culturale a determinare la diaspora irlandese con donne e uomini che andarono in Inghilterra e nelle Americhe. La conquista inglese dell’ Irlanda definì il modello per tutte le altre conquiste.
2 . REGIMI DI PROPRIETA’ E MODELLI DI PRODUZIONE E SVILUPPO: UN NESSO DECISIVO
2.1. Le forme istituzionali di controllo e gestione della terra – individuali, comunitarie, collettive – sono certamente un fattore importante del processo economico di un’ economia contadina e di un’ economia a base territoriale, economie dominanti prima dell’ avvento del capitalismo.
Il processo che ha portato alla distruzione della forma societaria che utilizzava la terra con finalità non legate all’ estrazione di plus valore e che conseguentemente non considerava la terra e i suoi prodotti ‘merci’, non ha però origine nella sconfitta della "soggettività giuridico-istituzionale di condomini di un bene collettivo e del corrispondente regime fondiario collettivo" , ma nella "sconfitta e nella fine di un modo di produzione e di organizzazione del lavoro e della giornata lavorativa sociale nel quale era evidente il fine sociale: un lavoro organizzato collettivamente per la costruzione e il mantenimento di beni e risorse necessari alla vita, un lavoro come strumento di appropriazione collettiva del suolo" (R. Cattaruzza "Favole partigiane", 2005) e di mantenimento di solide e ricche economie di sussistenza.
2.2. L’ argomentazione di Nicholas Georgescu-Roegen – l’ economista rumeno padre della bioeconomia- secondo la quale "la teoria della influenza dei diritti di proprietà sul comportamento e sullo sviluppo economico è spuria", ci invita ad un approfondimento ulteriore.
Lo sviluppo dell’ economia del villaggio contadino viene visto da alcuni come "il passaggio storico dalla proprietà collettiva a quella individuale" (Kovalevskij) (1896).
E’ però utile ricordare che, almeno in Europa, la proprietà collettiva o comunitaria è spesso il portato di servitù imposte su una precedente comunità di liberi piccoli proprietari terrieri e che non sempre un sistema di proprietà collettiva della terra discende direttamente da un supposto e un po’ romantico ‘comunismo naturale’.
Inoltre quando oggi parliamo di proprietà – collettiva o privata -ci si riferisce ad un titolo con valore giuridico su una bene immobile, fondiario.
L’ interpretazione di una influenza decisiva dei diritti di proprietà sull’ economia contadina e rurale, non tiene conto che le istituzioni contadine non hanno mai cercato di controllare i fattori di fondo dell’ economia ( la terra), ma i fattori di flusso (i prodotti per la sussistenza e i redditi derivanti dalla terra).
Questa lettura del processo economico suddiviso in elementi fondo ed in elementi flusso – che è il contributo specifico di Georgescu_Roegen alla scienza economica – ci porta a considerare che principi guida del villaggio contadino e della sua economia sono
– il lavoro come criterio per la suddivisione del reddito della comunità
– le uguali opportunità
Si confrontano qui due principi:
– a ciascuno secondo i suoi bisogni
– a ciascuno il diritto ai frutti del proprio lavoro
Nelle economie contadine prevale un equilibrio tra i due principi; quando a prevalere è il secondo si ha lo sviluppo della proprietà privata.
Nelle condizioni in cui i boschi erano ancora abbondanti e il disboscamento veniva ripetuto ogni uno o due anni, non c’erano bisogno di alcuna regola che regolamentasse l ‘ utilizzazione della terra e il raccolto apparteneva a chi vi aveva lavorato.
Il principio secondo cui chi disbosca un terreno ha il diritto di lavorarlo e di coltivarlo, non implica alcun diritto di proprietà. Il principio era ognuno lavora la terra assegnata, non la possiede.
Non appena le capacità produttive erano esaurite il terreno veniva abbandonato, e non c’ era quindi ragione di avere la proprietà di un bene senza alcun valore.
Anche le leggi scritte che derivavano da tali consuetudini rurali e contadine consentivano l’ uso esclusivo per un numero limitato di anni, per es. tre , a chi aveva disboscato un terreno.
La ragione economica dell’ uso collettivo della terra consiste nel fatto che i vecchi pascoli venivano gradualmente trasformati in campi arati e i nuovi venivano strappati ai boschi, e quindi , una volta superato il limite a cui una ulteriore espansione dei pascoli a spese dei boschi fu impossibile, le stoppie divennero il solo modo aggiuntivo per mantenere gli animali di una comunità in crescita. La scoperta dei vantaggi della concimazione attraverso le deiezioni animali aumentò probabilmente l’ interesse della comunità a far pascolare insieme gli animali su pascoli comuni o boschi.
Tutte le volte che la popolazione aumentava e ci si trovava di fronte alla decisione di non disboscare ulteriormente per non mettere in discussione l’ equilibrio delle risorse, ogni gruppo continuava a coltivare gli stessi campi. Questo però non voleva dire passare ad un regime di proprietà individuale, infatti la comunità utilizzava la ridistribuzione periodica del terreno coltivabile, con la finalità dell’ equità e della sussistenza del gruppo.
L’ istituzione di una periodica ed egualitaria ridistribuzione della terra riguarda uno stadio avanzato di evoluzione della comunità del villaggio contadino, nel momento in cui l’ aumento della popolazione limitò ulteriori disboscamenti. E quindi la distribuzione diventa una scelta economica ‘obbligata’ e saggia e non la realizzazione di un diritto. Inoltre la consapevolezza che le potenzialità del terreno vengono ricostruite se lo si lascia riposare porta alla divisione dei campi in gruppi di rotazione. In questo caso si afferma e permane il principio dell’ uguale opportunità per tutti.
Tale principio aveva due implicazioni e si organizzava secondo precise modalità:
– libero uso di pascoli naturali, di boschi , delle acque per i pesci da parte di tutti i membri della comunità, in quanto questi beni non erano creazioni del lavoro di alcuno e quindi nessuno aveva il diritto di averne l’ uso esclusivo per un certo periodo di tempo. Quindi utilizzazione comune dei pascoli, dei boschi, dei fiumi per la pesca, ecc.
– la terra deve essere utilizzata, non posseduta in modo esclusivo; utilizzazione libera dei campi per il pascolo, per esempio l’ ‘open field pasture’ in Inghilterra .
Dopo il raccolto tutti i campi sono aperti al pascolo del bestiame di ciascuno e lo rimangono fino alla successiva aratura.
L’ open field indica un insieme di pratiche: suddivisione terra coltivabile in due o tre campi per la rotazione; distribuzione di ogni campo in strisce intrecciate per ogni famiglia; coltivazione obbligatoria dei campi secondo alcune regole generali, uso comune dei boschi, dei pascoli, delle acque; il terreno coltivabile può essere soggetto o no a una periodica distribuzione.
Per esempio le strisce intrecciate tirate a sorte per ogni terreno di qualità diversa e date alle singole famiglie testimoniano la vigenza di considerazioni egualitarie.
Il principio guida delle uguali opportunità sopravvive negli atteggiamenti sociali anche quando il villaggio perde le sue possibilità di autogoverno , come nelle consuetudini delle redistribuzioni periodiche per l’ utilizzazione della terra per il pascolo o per l’ accesso alla pesca.
La ricerca di nuovi modi per aumentare la fertilità della terra -concimazione, terrazzamenti, irrigazione-permisero di giustificare la richiesta ad un diritto ad un uso prolungato del terreno che aveva migliorato con il suo lavoro. Il principio che ognuno ha diritto ai frutti del proprio lavoro, aprì la strada alla proprietà individuale.
Tuttavia anche in regime di proprietà privata il diritto di tenere il campo chiuso rimane comunque limitato al periodo in cui il campo produce la messe, dopo il raccolto il campo era aperto. C’ era quindi il diritto di spigolare liberamente , secondo il detto francese " la pannocchia è di chi ha seminato, la stoppia di tutti".
L’ economia del villaggio contadino tradizionale non aveva tra le sue preoccupazioni quella di distribuire titoli relativi a fondi economici, ma viceversa aveva interesse alla distribuzione del flusso del reddito totale della comunità , cioè della distribuzione dei frutti e degli oneri del lavoro. Nelle comunità rurali e contadine precedenti all’ avvento del capitalismo e contemporanee alla sua ascesa, il conflitto economico riguarda la distribuzione del flusso di reddito non quella dei fondi.
Il villaggio tradizionale vuole permettere a quanti più abitanti – forse a tutti – di guadagnarsi da vivere lavorando nel proprio ambito, il merito non determina chi può lavorare, ma solo quali debbono essere i suoi guadagni.
2.3. Il territorio del villaggio non comprende solo il terreno coltivabile, ma anche i lotti delle case, i cortili, il bosco, il pascolo, uno specchio d’ acqua, un torrente, frutteti, forse vigne o qualche olivo. Questa forma riflette la gamma delle necessità fondamentali della vita, vale a dire i bisogni primari, di base. Si ricerca una composizione equilibrata delle risorse vitali, una dignitosa e ricca agricoltura di sussistenza. "Nel villaggio, nella comunità contadina, nel lavoro contadino l’ aspetto biologico si intreccia con quello economico" (Georgescu-Roegen).
Questa stessa impostazione la si ritrova nella economia contadina del centro America ancora ben viva e capace di essere alternativa alla piantagione capitalistica nel 1600, nel 1700, nel 1800 , così come nelle aree rurali e montane del medioevo in Europa.
2.4. La lunga storia delle società contadine può essere riassunta nella lotta contro gli effetti della legge dell’ entropia. Una conclusione, questa di Georgescu-Roegen , che apre ad una più fertile lettura del conflitto città/campagna che andrebbe sviluppata.
Come è noto tutti i processi economici associati alla vita consumano bassa entropia cioè energia libera e utilizzabile e trasformano la bassa entropia in un output di alta entropia, vale a dire in energia dissipata / inutilizzabile e in rifiuti. Tale trasformazione da bassa entropia in alta entropia è irreversibile.
Qualsiasi processo di trasformazione – e quindi anche l’ agricoltura, sia contadina che industrializzata – può andare avanti solo se prende energia e bassa entropia dall’ ambiente. I due processi prevalenti che la società umana utilizza sono l’ utilizzazione degli stock minerali (materiali, combustibili fossili ) e la cattura della bassa entropia del flusso di energia solare.
Il suolo non fornisce solamente una base fisica e spaziale per il processo agricolo, ma anche le sostanze chimiche e le radiazioni solari che riesce a catturare, per cui la quantità media di radiazioni solari è proporzionale alla superficie del terreno coltivato.
Questo insieme di suolo, elementi minerali, energia solare, sostanze chimiche aeree viene comunemente espresso con il concetto di ‘terra ricardiana’.
La differenza tra agricoltura e attività manifatturiera/industriale è che in quest’ ultima il processo produttivo può procedere ininterrottamente (tempo di produzione, secondo Marx). Si è potuto quindi accorciare in modo consistente il tempo necessario per produrre tavoli, stoffe, maglie, bicchieri ecc. attraverso l’ allungamento della giornata lavorativa sociale, ma non è stato possibile fino ad oggi intervenire sul tempo necessario per far crescere il grano o allevare un animale domestico.
Solo il sistema di fabbrica permette di eliminare i periodi di inattività .
In realtà questo modo di produzione viene ora allargato anche alla agricoltura non solo attraverso la sua industrializzazione, le ‘fabbriche di polli’ o di latte, ma soprattutto con lo sviluppo e l ‘ uso delle biotecnologie .
3. TRADIZIONI DELLA COOPERAZIONE ANTAGONISTA
3.1. Le enclosures agricole espropriavano le proprietà collettive, la navigazione proteggeva i commercianti, la legislazione industriale rimuoveva restrizioni ai profitti, le modifiche finanziarie promuovevano il capitalismo speculatore, i mercanti iniziavano il commercio degli schiavi africani, la piantagione della canna da zucchero e del tabacco si espandeva in tutta l’ America del Nord ed il Centro America. Tuttavia la classe dominante trovava ostacoli e difficoltà crescenti ad imporre dal 1600 alla metà del 1800 la disciplina sul proletariato globale : commoners – cioè soggetti contadini e non espropriati dall’ uso dei beni comuni , i commons – diggers ( scavatori), levellers (quanti toglievano le recinzioni), servi, criminali, pirati, marinai, soldati, schiavi africani e nativi americani, lavoratori, operai .
Contro questa nuova forza del ‘proletariato atlantico’ le classi dominanti si organizzarono per costruire un nuovo ordine basato sull’ espropriazione, sulla conquista e la colonizzazione, sul mercato come sistema di regolazione della società.
Inizia la storia del conflitto tra i due soggetti in gioco – capitalisti e proletari – che è anche la storia della nascita e del diffondersi di forme di cooperazione antagonista che crescono nei primi anni dello sviluppo e del consolidamento del capitalismo, della colonizzazione e dello sfruttamento delle Americhe, delle espropriazioni europee a danno dei contadini e americane a danno dei nativi, dello sfruttamento del lavoro salariato e della giornata lavorativa sociale.
A questa tradizione, da rileggere e ripensare, a me pare che dovremmo riferirci nell’ attuale fase di guerra preventiva e della globalizzazione neoliberista (una globalizzazione nata secoli fa con il capitalismo atlantico lungo le rotte sociali della forza lavoro sfruttata e martoriata).
Questo intreccio mette in luce la nascita di un proletariato multietnico, che per lungo tempo ha avuto la capacità di tenere insieme le lotte contro lo schiavismo ed il razzismo, contro le espropriazioni di terre e la distruzione dei corpi (in particolare delle donne e dei bambini), le lotte di fabbrica. Ma ci permette anche di ricostruire un passato , per così dire di classe, in cui non si era ancora consumata la separazione tra queste multiformi facce del proletariato : classe operaia, commoners, diggers, levellers, marinai, tagliatori di legna, donne portatrici/attingitrici di acqua.
Durante tutto il 1600, le nascenti forme di cooperazione antagonista nate nel lavoro cooperativo della piantagione americana e della manifattura europea, avevano memoria di alternative che già alla fine del 1400 e all’ inizio del 1500 avevano dato luogo a ribellioni, sommosse contro le espropriazioni, il lavoro a domicilio, l’ arruolamento forzato, le attività estrattive, e anche alle prime lotte urbane dei lavoratori artigiani per preservare le loro usanze e libertà ( basti ricordare, tra gli altri, il tumulto dei Ciompi, a Firenze).
Ma soprattutto erano presenti la memoria ravvicinata e l’ esperienza concreta dei commons, delle enclosures e della nascita della proprietà privata. Gli espropriati avevano un memoria importante e viva dell’ agricoltura a campi aperti e delle terre di uso comune. La rimozione di confini e delimitazioni non era una proiezione utopica verso un indefinito futuro di libertà, ma memoria delle lotte presenti (per esempio quelle dei levellers) e di una situazione recente e perduta nella quale la maggioranza delle terre erano di uso comune.
Questo per quanto riguarda l’ Europa. Però anche i nativi americani, i popoli del centro America e i neri dell’ Africa occidentale erano sempre vissuti su terre collettive, senza lavoro salariato, senza padroni (non avendo nemmeno elaborato, ad esempio, il concetto di proprietà privata).
Questa nuova classe ritrovò vecchie forme di resistenza e di lotta e ne produsse di nuove. Nuove forme e nuovi mezzi di autorganizzazione.
Alcune indagini storiche mettono in luce come nei luoghi dello sfruttamento più feroce – la fabbrica, la prigione, la piantagione, la nave – che organizzavano enormi quantità di persone per estrarre plusvalore e profitti, crescevano forme di organizzazione contro lo sfruttamento e pratiche dirette della democrazia. Forme, a volte mature ed efficaci a volte destinate al fallimento, di cooperazione antagonista : lo sciopero, la richiesta di abolizione della schiavitù, la sommossa, l’ ammutinamento, l’ insurrezione, la costruzione di momenti rivoluzionari.
Una tradizione di lotte e di antagonismo sociale di un proletariato multietnico, inafferrabile, urbano e rurale, attivo nelle grandi città portuali dell’ Atlantico, nelle campagne inglesi, nelle piantagioni dei Caraibi. Una tradizione spesso sottovalutata.
La repressione della classe dominante si scatenò contro queste soggettività antagoniste: nativi americani, schiavi neri, commoners espropriati, pirati "nemici comuni della società umana", diggers, levellers, donne, banditi di strada e ladruncoli (prime avvisaglie di quello che sarà chiamato lumpenproletariato, la sottoclasse, che in generale rifiutavano la disciplina del lavoro salariato).
Un ruolo importante e a volte decisivo ebbero le donne che guidarono molte delle ribellioni e delle sommosse. Grace O’ Malley, ad esempio, la ‘regina’ dei pirati irlandesi, o "Captain Dorothy" che nel 1607 guidò un gruppo di donne che lanciavano sassi e con coltelli assalirono i lavori di enclosures nel North Riding nello Yorkshire. Molte donne furono alla testa delle rivolte della fame che si impadronirono del frumento a Wye nel 1595, bloccarono l’ esportazione del grano nei porti del Medway nel 1605 e durante la Western Ring (1629-1631) guidarono le rivolte del pane nell’ Essex e nel Berkshire. Nel 1626 la Star Chamber si mobilitò contro le donne che minacciavano di distruggere le enclosures della foresta di Gillingham (Wiltshire).
3.2. Nella ‘rivoluzione inglese’ Cromwell e la borghesia furono costretti ad appoggiarsi alle parti radicali : i levellers, i diggers, soldati, marinai, rivoltosi urbani e commomers rurali .
Le ideologie di razza, di classe e di genere presenti nella classe egemone della borghesia, finirono con portare alla sconfitta delle pratiche radicali e con la Restaurazione assicurarono il trionfo della schiavitù razziale. Durante e dopo la sconfitta della rivoluzione inglese furono sconfitte in particolare le donne che il patriarcato capitalista non riteneva utili se non a far figli, vero moderno proletariato.
" La rivoluzione avrebbe potuto avere un esito spettacolarmente diverso: ripristino delle terre di uso comune, trionfo dei valori diversi da quelli della società mercantile e della produzione di merci, ripudio della visione del lavoro come condizione della salvezza umana, abbandono del patriarcato nella famiglia e pieno riconoscimento del lavoro delle donne, proliferazione delle assemblee popolari aperte a tutti, mutuo sostegno anziché accumulazione individuale come base dell’ attività economica e abolizione delle divisioni tra padrone e schiavo" (Linebaugh).
In realtà in questa fase di transizione non era affatto scontato che si sarebbe affermato il capitalismo liberale, che la piantagione di zucchero e di tabacco ed il commercio degli schiavi sarebbero diventati il volano dello sviluppo economico, che la proprietà privata recintata sarebbe diventata il principio del latifondismo, che si sarebbe affermata la supremazia bianca.
4. ALCUNE FIGURE SOCIALI COLLETTIVE NELLE TRADIZIONI DELLA COOPERAZIONE ANTAGONISTA
TAGLIATORI DI LEGNA E PORTATRICI/PORTATORI DI ACQUA – DIGGERS (Scavatori)
‘Tagliatori di legna e portatrici/portatori di acqua" ("hevers of wood and drawers of water") erano lavoratori africani, europei, americani e furono fondamentali per la crescita del capitalismo in quanto facevano lavori che non potevano fare gli artigiani delle botteghe e gli operai delle manifatture.
Svolsero le operazioni di espropriazione e costruirono le infrastrutture del capitalismo del 1600 e del 1700: disboscarono, prosciugarono le paludi, recintarono i campi per l’ agricoltura capitalistica ed industriale, costruirono porti, riprodussero le persone e i lavoratori per la manodopera per il lavoro capitalistico. Le attività di tagliare ed attingere erano svolte dai soggetti più deboli: espropriati, stranieri, donne, bambini, che correvano il rischio di essere rapiti, deportati, fatti sparire in Inghilterra, Irlanda, Africa occidentale, Nordamerica.
Salariati o no i tagliatori, gli attingitori di acqua e gli scavatori, erano schiavi.
Nelle Americhe servi e schiavi tagliarono le foreste pluviali di Barbados, disboscando per le piantagioni e spedirono in Inghilterra il primo materiale commerciale: il legname.
Appena gli inglesi presero possesso delle terre costruirono steccati e siepi, cioè i segni dell’ enclosure e della proprietà privata.
Il prosciugamento delle paludi fu una grande opera di espropriazione . Nel 1600 un atto del Parlamento autorizzò i proprietari terrieri delle paludi a sopprimere i diritti comuni che ostacolavano i piani di bonifica. In tal modo una economia di sussistenza e comunitaria di pesca, caccia, taglio di canne palustri, di estrazione di torba venne trasformata in una economia capitalistica di allevamento , anche per rifornire di materia prima la nascente industria tessile.
La battaglia degli acquitrini iniziata nel 1605 vide contrapposti i proprietari di capitali e gli abitanti che dalle paludi traevano sostentamento. Omicidi, sabotaggi, incendi di villaggi e dall’ altra parte scienza idraulica le liti giudiziarie. Tra la fine anni 20 e 30 del Seicento in molte zone acquitrinose i commoners, spesso guidati dalle donne, attaccarono gli operai, i canali, le opere di scavo, le attrezzature.
"………………….i ricchi per far spazio a se stessi, spingono i poveri fuori dei loro terreni comuni" ( Thomas Fuller , 1655).
L’ idilliaca campagna inglese, il paesaggio inglese fu il processo contraddittorio con cui i commoners spodestati lavoravano per spodestarne altri.
L’ altro grande compito fu quello di provvedere ai mezzi ausiliari della vita , acqua bene vitale, e ad attingere acqua in genere erano le donne.
Inoltre le attività agricole e minerarie dipendevano dal controllo dell’ acqua :prosciugamento paludi , pompaggio dell’ acqua nelle miniere allagate. Una necessità che spinse Savery, Calley e Newcomen a sviluppare la macchina a vapore.
Fino al 1581 l’ acqua era gratutita nelle città. Presso il London Bridge fu costruito il primo serbatoio idrico dei portatori di acqua "Ora abbiamo le compagnie idriche al posto dei portatori d’ acqua" (Jhonson 1598). La privatizzazione andò avanti con la New River Company fondata nel 1619 che portava l’ acqua attraverso tubature in legno e poi in piombo ; negli anni ’70 del Seicento l’ epoca dell’ acqua gratuita per diritto era finita. Un altro bene comune era espropriato.
LEVELLERS
I levellers ricorrevano all’ azione diretta per riappropriarsi della terra e vedevano la loro comunità una soluzione ai problemi della espropriazione e della schiavitù. " Questa libertà di coltivare la terra comune, scongiurerà le rapine,i furti e gli omicidi, e le prigioni non saranno più così gremite di carcerati; e quindi eviteremo lo straziante spettacolo dei tanti che verranno impiccati a ogni sessione.".
I levellers quindi vedevano la pena di morte collegata direttamente ed indirettamente al movimento delle enclosures……queste azioni e la classe dominante spingono " i più deboli fuori dalla terra, e così o li affama o li costringe per povertà ad appropriarsi di cose altrui, e poi li impicca per averlo fatto".
Le azioni, le idee, l’ esempio dei diggers erano troppo pericolosi per sfuggire ad una repressione violenta. L’ esercito della repubblica inglese di Cromwell attaccò una delle comunità più importanti George’s Hill distrusse case, coltivazioni, attrezzi da lavoro.
Non è senza significato che uno dei primi atti della giovane repubblica inglese sia stato un intervento militare in favore della proprietà privata. Il timore era quello di una possibile saldatura tra comunardi rurali e proletariato urbano.
Il movimento dei levellers (livellatori) si sviluppò nelle azioni per togliere le recinzioni (enclosures) che la proprietà terriera e i capitalisti costruirono per proibire l’ uso comune delle terre e quindi il sostentamento e la sopravvivenza di gran parte delle popolazioni rurali, per imporre l’ agricoltura capitalistica.
The true leveller’s standard advanced (1649) recita "…..che noi possiamo lavorare in rettitudine e porre le fondamenta per fare della terra un tesoro comune per tutti, ricchi e poveri. Che chiunque sia nato sulla terra possa essere nutrito dalla terra, la madre che l’ ha partorito, secondo la ragione che governa il creato, senza racchiuderne parti in possedimenti privati, ma tutti come un sol uomo lavorando insieme e nutrendosi insieme come figli di un solo padre…….."
La resistenza dei levellers aveva prodotto un tentativo di elaborare una costituzione Agreement of the People, dove si diceva che " forzare e costringere chiunque di noi a servire in guerra è cosa contraria alla nostra libertà" opponendosi ad una consizione di schiavitù e riconoscendo nell’ arruolamento forzato una schiavitù.
DIBATTITI DI PUTNEY
I problemi delle terre di uso comune e della schiavitù furono al centro dei dibattiti di Putney, un crocevia non solo geografico ma anche punto d’incontro di multiformi soggettività ai bordi della rivoluzione inglese: commoners, servi di famiglia, artigiani, lavoratori, barcaioli, pescatori, donne, militari. Sui prati di Putney tra la residenza del re ad Hampton palace e il Parlamento ad Westminster era accampata, nel 1647, la New model army ai comandi di Cromwell.
Thomas Rainborough era il più energico difensore del soldato comune. Leader dei levellers , forse il primo partito politico moderno e certamente il primo democratico. Nel dibattito e nei conflitti, dal momento che uno dei motivi del conflitto riguardava il divieto di accesso alle terre di uso comune, Rainborough sosteneva che questa era "la più grande tirannia a essere stata escogitata a questo mondo " , così che i proprietari terrieri "hanno messo i poveri alla porta". Sfrattandoli. Rainborough difendeva il diritto popolare ai commons e ai mezzi di sussistenza che questi consentivano.
I dibattiti di Putney sono stati utili alle lotte per il voto, per il welfare state e per la liberazione coloniale. Ed inoltre la lotta per i commons e la lotta contro la schiavitù.
A Putney, come molte altre volte nella storia del movimento, siamo di fronte ad un bivio : o ad un futuro con i commons e senza la schiavitù o ad un futuro con la schiavitù e senza i commons.
MOTLEY CREW
Era la folla eterogenea – con varie analogie con il lumpenproletariat – composta da schiavi africani, deportati, nativi americani, lavoratori, marinai. Un soggetto formatosi specificamente tra le rivolte della navigazione degli anni dieci e venti del 1700, le rivolte degli schiavi e le insurrezioni urbane degli anni trenta e quaranta del Settecento.
Lotte e fermenti e movimenti che spinsero la società americana alla prima moderna guerra coloniale di liberazione.
Il termine ha due significati.
Il primo : riguarda una squadra organizzzata di lavoratori che eseguono compiti in sinergia per il raggiungimento di un fine comune. Per esempio le squadre al lavoro nelle piantagioni di tabacco e di zucchero di canna che furono essenziali per l’ accumulazione del capitale in America. Così come gli equipaggi.(significato più tecnico).
Il secondo : formazione politica del porto o della città del secolo XVIII; la motley crew era quindi connessa con la massa urbana e la folla rivoluzionaria ( significato politico).
Si tratta in ogni caso di una massa eterogenea, vale a dire multietnica.
Alla testa di un esteso movimento dal basso, la motley crew dette forma alla storia sociale, organizzativa e intellettuale dell’ epoca. La nascita, lo svolgimento e l’ affermazione della Rivoluzione Americana dipesero in larga parte dalla circolazione dell’ esperienza proletaria sulle tre sponde atlantiche dell’ Europa , delle Americhe e dell’ Africa occidentale. Una esperienza che continuò fino alla fine del secolo promuovendo il panafricanismo, l’ abolizionismo, portando conoscenze e pratiche della rivoluzione americana in Europa e collegandosi alle tradizioni addormentate ( dimenticate) del pensiero e dell’ azione rivoluzionari dell’ Inghilterra del 1600.
La sconfitta di queste rivolte, movimenti lasciò il campo libero all’ espansione del commercio marittimo e dello schiavismo, con la definitiva affermazione della piantagione portata avanti dalle squadre di schiavi e di servi e con le flotte mandate avanti dalle squadre di marinai.
Di fronte a questa situazione e a questa forza Thomas Paine (Common sense) e Thomas Jefferson ( Dichiarazione d’ indipendenza) non poterono far a meno di inserire questa pratica tra i grandi motivi di rimostranza. I marinai non avevano paura a ricorrere all’ azione diretta per raggiungere i loro obiettivi. Tradizione che aveva la sua origine in Inghilterra nel XIII secolo ed era proseguita, attraverso i dibattiti di Putney e la rivoluzione inglese, fino al tardo secolo XVII e poi nel XVIII con le mobilitazioni belliche. Le forme e le pratiche di resistenza) alla schiavitù e allo sfruttamento della motley crew produsse una svolta nel pensiero rivoluzionario.
L’ esperienza del tumulto (rivolta di Knowels) scoppiato a Boston nel 1747 che coinvolse inizialmente cinquanta marinai aiutati poi dalla folla di operai, schiavi, donne, contadini, artigiani ecc; del porto difendendo la libertà in nome del diritto, colpì Samuel Adams che osservando come si muoveva la motley crew nell’ azione di difesa, utilizzò la rivolta di Knowles traducendo lo spirito di ribellione in discorso politico, per dar forma ad una nuova "ideologia di resistenza" in cui i diritti naturali dell’ uomo venivano usati per la prima volta per giustificare i movimenti di piazza. In questa ottica Adams giustificò il ricorso all’ azione diretta e anche violenta contro l’ oppressione.
La motley crew guidò molte rivolte di popolazione alla resistenza contro lo Stamp Act che tassava i coloni imponendo l’ applicazione di un bollo per la vendita e l’ uso di varie merci.
La motley crew dava una immagine di rivoluzione dal basso che mise paura ai moderati.
Le folle multirazziali sotto la guida di lavoratori marittimi contribuirono a determinare la crisi imperiale degli anni settanta del settecento e al tempo stesso a proporre una soluzione rivoluzionaria di quella crisi.
DONNE e RIPRODUZIONE
Il generale inglese Matthew Hopkins aprì la caccia alle cosidette ‘streghe ‘. Tra il 1645 e il 1647 persero la vita più di mille donne.
Il ruolo delle donne emerge in particolare nella crisi della riproduzione della metà del sec. XVII che fu il periodo culminante della criminalizzazione delle donne in Inghilterra e in Europa quando raggiunsero il massimo le incriminazioni per infanticidio, aborto e stregoneria . I quel periodo gli uomini cominciarono a contendere alle donne il controllo della riproduzione . Nel 1625 comparvero gli ostetrici maschi e poco dopo il forcipe ; prima di allora il parto e il puerperio erano una sorta di rituale collettivamente inscenato e controllato dalle donne da cui gli uomini erano di norma esclusi. Dal momento che la classe dominante aveva riconosciuto il proprio interesse nell’ aumento della fertilità, l’ attenzione si concentrò sulla popolazione come una delle categorie fondamentali per l ‘ analisi politica. La nascita contemporanea della moderna demografia e dell’ ostetricia moderna era una risposta alla crisi. Entrambe, come le accuse di stregoneria, tendevano a razionalizzare la riproduzione sociale in un contesto capitalista, cioè la generazione di forza-lavoro. Lo stato nascente del capitalismo, basato com’era sullo sfruttamento del lavoro non pagato, esigeva così il controllo anche sulla riproduzione umana.
5. Rivoluzione americana e Controrivoluzione
Il nuovo soggetto sociale rivoluzionario in azione nel corso della ‘rivoluzione’ americana presenta un patrimonio genetico sociale che affondava le radici nel 1600.
Le azioni della motley crew diedero impulso al movimento multiclassista verso l’ indipendenza , ma indussero anche paura al suo interno e opposizione.
Paine, Jefferson, il Congresso e la classe dominante che stava imponendo le sue ragioni e il suo ordine, temevano la motley crew , e soprattutto avevano timore di una saldatura tra lotte dei lavoratori urbani, degli schiavi africani e dei nativi americani.
Proprietari terrieri patrioti, mercanti e artigiani condannavano le masse rivoluzionarie , cercando di trasferire la politica dalle piazze alle camere legislative, dove i senza terra e i nullatenenti non avevano diritto di voto né voce.
Marinai e schiavi, inizialmente elementi indispensabili della coalizione rivoluzionaria, venivano esclusi dall’ assetto istituzionale alla fine della Rivoluzione.
La nuova classe dominante e dirigente americana ridefiniva la razza e la cittadinanza emarginando e dividendo la motley crew elaborando negli anni ottanta e nei primi anni novanta una legislazione unificata della schiavitù basata sulla supremazia bianca. Le reazioni alle azioni della motley crew fanno chiarezza sulla natura ambigua e contraddittoria della Rivoluzione americana che descrive la sua traiettoria tra origini militanti, impeto radicale e la sua conclusione politica conservatrice.
Abbiamo incontrato tre narrazioni di classe :
– la storia delle espropriazioni delle terre collettive e dei beni comuni;
– la storia della classe operaia;
– la storia della coercizione dei neri, di popoli nativi e delle donne.
La separazione tra le lotte per la riappropriazione della terra e l’ uso comune dei beni, il Black Power e la liberazione degli schiavi e la classe operaia , ha avuto la valenza di una catastrofe sociale che insieme alle catastrofi ecologiche e alle nocività prodotte dal capitalismo sono l’ orizzonte di nuovi cicli di lotte e di conflitti progettuali che la cooperazione antagonista e le forme di autorganizzazione dal basso dovrebbero sviluppare.
Infatti anche nella contemporaneità siamo di fronte, seppure in forme nuove, a quell’ antico bivio che una delle tradizioni antagoniste consegna alla nostra memoria : o un futuro con i commons e senza la schiavitù o un futuro con la schiavitù e senza i commons.
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