INTERVISTA DARIO

1D. Quale è la tua storia e la tua militanza politica?

R. Mi chiamo Dario e sono militante del "Movimento Teresa Rodríguez" (MTR). Lavoro come professore di inglese nella scuola dell’obbligo ed ho studiato filosofia nell’Università di Buenos Aires. Qui militavo, era il 1988, in un gruppo della sinistra extra-parlamentare. Il nostro obiettivo comune era la costruzione di una organizzazione rivoluzionaria leninista, però, nella realtà, non uscivamo fuori dai libri e dai problemi specifici della nostra facoltà. Capivo, assieme ad altri compagni e compagne, che stavamo girando a vuoto e che così continuando non saremmo mai riusciti a costruire l’organizzazione rivoluzionaria di cui parlavamo.

L’incontro con Roberto Martino, nel 1992, ci apre una prospettiva chiara e concreta.

Da qui partono le condizioni, esaminarle e svilupparle esula chiaramente dal contesto, per la nascita del MTR.

2D. Abbiamo saputo della repressione che avete subito per aver promosso una manifestazione. Perché la repressione contro di voi è stata così violenta?

R. La nostra manifestazione chiudeva una campagna di solidarietà e di denuncia rispettivamente con la lotta di resistenza del popolo palestinese contro l’ultima invasione israeliana di Gaza e contro questa azione criminale del governo razzista d’Israele.

Noi, l’MTR, però -e questo ha scatenato l’ira dei sionisti, da cui la violenza spropositata della repressione- abbiamo legato il genocidio perpetrato dal governo sionista contro il Popolo palestinese attraverso la guerra a quello che l’oligarchia sionista argentina perpetra conto il nostro popolo attraverso uno sfruttamento sanguinoso.

Eduardo Elsztain – che oltre ad essere il tesoriere del Consiglio Ebraico Mondiale (!) è il più potente capitalista argentino ed il più amico tra gli amici della coppia Kirchner- ha perfettamente compreso la pericolosità di legare la lotta del popolo palestinese a Gaza con la lotta di classe in Argentina.

Ecco quindi la risposta alla tua domanda.

É forse il caso di sottolineare che Eduardo Elsztain è il capitalista che, oltre a sviluppare molti altri affari nei più svariati settori, controlla attraverso la "Cresud" la quasi totalità delle compre-vendite immobiliari e fondiarie in Argentina e la distribuzione, attraverso la "Irsa", del gas metano (che ha aumentato del 400% (!!!) proprio in questo mese) in tutto il nostro paese …

Ma veniamo ai fatti. Abbiamo deciso di realizzare il 17 maggio scorso una manifestazione -volantinaggio e striscioni- accanto a quella indetta dai sionisti per celebrare il 61° anniversario della nascita dello Stato di Israele per denunciare la sua totale responsabilità per l’olocausto del Popolo palestinese.

Arrivati sul luogo della loro celebrazione (molto vicino a Plaza de Mayo, per chi conosce Buenos Aires) non ci hanno lasciato dare né un solo volantino né dispiegare un solo striscione. La sicurezza israeliana ci è saltata addosso, pistole da 9 mm. In pugno, pestandoci (comunque ci siamo difesi) e poi arrestandoci.

Poi ci hanno consegnati alla polizia argentina. Un vero esempio di sovranità nazionale!

Le accuse nei nostri confronti -scritte di fatto dall’Ambasciata israeliana- erano, limitandoci alle principali: sovversione contro lo Stato democratico (prepotenza ideologica) e razzismo (alcuni giornali ci hanno definito come neonazisti (!))

3D. Qual’è adesso la situazione?

Dopo due mesi nelle carceri di massima sicurezza a fronte della grande mobilitazione nazionale e della forte solidarietà internazionale ed anche per l’insostenibilità delle accuse, siamo stati liberati. Hanno però lasciato, come segno di rabbiosa impotenza, il mandato di cattura internazionale contro il nostro Segretario generale il compagno Roberto Martino e l’istruttoria di un processo contro cinque (su quindici) di noi arrestati.

Dalla repressione siamo usciti molto più forti e questo è il dato fondamentale.

4D. Conosci la situazione nelle carceri?

Sulle carceri posso dirti questo. Noi, i "politici", grazie alla mobilitazione nazionale ed internazionale, abbiamo avuto un trattamento "umano"; non siamo stati né picchiati né minacciati fisicamente. Le provocazioni e le vessazioni psicologiche erano invece all’ordine del giorno … ma questo fa parte del "gioco".

Per i "comuni" la cosa è totalmente diversa. Dal nostro braccio del carcere di massima sicurezza dove eravamo -il "Marcos Paz"- vedevamo costantemente i comuni ed anche per questo ci siamo resi conto del trattamento che essi ricevono. Sono trattati veramente come cani di strada. I pestaggi sono continui e sistematici. Qualunque, dico qualunque, occasione è buona perché i carcerieri possano massacrarli di botte. In questo contesto, costruito da chi dirige questo carcere, i carcerati, stretti come sardine, regrediscono allo stato animale e tutto si risolve tra loro attraverso la forza; dal cibo, ai più svariati oggetti compresi scarpe o magliette.

 

5D. Cos’è cambiato dopo la batosta elettorale dei Kirchner?

Vediamo prima il quadro in cui questa sconfitta è maturata. Prevedendo una acutizzazione della crisi, che è già forte, in Argentina, il governo ha anticipato a giugno le elezioni che si sarebbero dovute tenere ad ottobre.

Evidentemente non è la stessa cosa, politicamente parlando, presentarsi alle urne prima che la crisi scoppi, invece che dopo; non è, insomma, la stessa cosa poter vincere le elezioni e così "legittimamente" avere "l’autorità" per reprimere il movimento popolare e contemporaneamente controllare tutti i distinti settori della borghesia argentina per tentare di egemonizzarla all’interno dell’apparato dello Stato.

I Kirchner pensavano/speravano con questa mossa di continuare a governare senza dover negoziare con nessuno, neppure con i settori della borghesia (agraria ed industriale) che hanno goduto dal 2003 di straordinari benefici e che per questo hanno dato briciole dei loro guadagni per i sussidi (vere elemosine) da pagare alle classi subalterne al fine di migliorare le nostre pessime condizioni di vita; ma che ora, di fronte alla crisi che si mostra sempre più in tutta la sua grandezza, reputano una follia: il loro saggio di profitto sta vertiginosamente diminuendo e non c’è più posto per la carità.

Ora, dopo il 28 di giugno, dopo aver perso -non vinto con un piccolo vantaggio percentuale che già sarebbe stata una sconfitta, ma perso- i Kirchner si sono visti obbligati a proporre "a tutti" un "patto sociale" per evitare un nuovo e peggiore 2001.

Per questa ragione Néstor Kirchner ha pubblicamente minacciato di anticipare le elezioni presidenziali (ottobre 2011) al marzo del 2010 se questo "patto" non sarà accettato.

In che consiste essenzialmente questo "patto"?

Primo, nel mantenere le tasse ai latifondisti e non a toglierle come essi pretendono.

Secondo, nel mantenere il dollaro a 3,80 pesos argentino ($P) e non a 5 come esigono gli industriali per aiutare l’esportazione.

Terzo, nell’aumentare ad un massimo del 19,5% i salari nonostante l’inflazione reale (e non quella delle statistiche ufficiali) sia vicina al 40%.

In questo "patto" il grande assente è il popolo o meglio egli è presente solo per porgere la spalla sulla quale la crisi ricadrà con tutta la sua enorme violenza. Si "patti" una cosa o si "patti" un’altra, restino i Kirchner (K.) o debbano scappare in elicottero come De la Rúa nel 2001, il gran perdente è il popolo, almeno che non si realizzi un cambio radicale, ovviamente.

I K. Sanno che il loro governo resta in piedi sinché si garantisca i sussidi ai disoccupati ed anche agli occupati. Così è per i 60.000 operai che attualmente non ricevono pieno stipendio (la produzione delle loro fabbriche è fortemente ridotta per la crisi); il governo, infatti, da ai padroni 600 $P al mese pro-capite per integrare il loro salario. Questo assegno, la cui erogazione è iniziata a gennaio, è garantita solo sino ad agosto. Come prima accennato, queste elemosine sono possibili con il denaro proveniente, essenzialmente, dalle tasse imposte ai latifondisti. Essi sono stati avvertiti che se questi sussidi venissero ad essere interrotti, come loro chiedono, il paese esploderebbe.

Ma i latifondisti non hanno fatto una piega … che esploda, visto che il governo esiste anche per reprimere con la forza.

La cosa si ripete esattamente rispetto alle richieste degli industriali.

In questo contesto bisogna aggiungere: 1) il governo continua a pagare gli interessi derivati dal debito estero; 2) le riserve della Banca Centrale continuano a diminuire costantemente (da 50.000 milioni di dollari USA del principio di quest’anno a 45.000 in luglio); 3) l’IVA sui prodotti di consumo popolare è in pauroso aumento (dopo poche settimane dalle elezioni il gas è aumentato del 400% (!!!) e l’energia elettrica del 200% (!!!)); 4) la diminuzione delle riserve si coniuga con il non investimento nel nostro paese dei profitti che i capitalisti argentini realizzano con le loro imprese all’estero, che in banche estere rimangono.

 

Tutto ciò ci permette di poter affermare che il governo sta seduto su di un vulcano in procinto di esplodere.

 

6D. Quali sono gli obbiettivi e le scadenze del movimento?

Sulla base della analisi che costituisce la risposta alla tua precedente domanda, il nostro Movimento considera che ci troviamo in condizioni oggettive ottime per un intervento politico che renda possibile, anche se non la presa del potere in Argentina, sì, in ogni caso, la rottura istituzionale in qualche parte del nostro territorio. E seppure questa non durerà tutto il tempo che vorremmo, consideriamo che è la via, ripeto, non per la presa del potere in Argentina, ma sì per mettere in piedi una poderosa organizzazione politica di massa. Intervenendo in questa maniera sul territorio, stabilendo una nuova istituzionalità (repubblica di "Cabildos" o Assemblea Popolare) dopo il "che se ne vadano tutti" (che fu se ricordi la parola d’ordine del 2001 argentino mondialmente conosciuta) potremo da un lato stabilire un riferimento nei fatti che mostri al resto della società quello che vogliamo e come pensiamo realizzarlo e dall’altro saldare nella pratica il dibattito in Argentina (perlomeno) su quale sia il cammino corretto e l’analisi corretta rispetto alla situazione in atto ed al che fare. Dibattito che si saldi non solo con documenti o discorsi ma imprescindibilmente con la pratica e con l’azione (anche non intercettando tutta la complessità dello scontro ed anche con sfasature di tempo, ma che si saldi).

 

7D. Che pensi dei movimenti latinoamericani che di muovono nell’ambito dell’ALBA (Alternativa Bolivariana para las Américas)

Una cosa sono i movimenti, un’altra i partiti e organizzazioni di regime ed altra ancora i governi. Rispetto a questi ultimi, non depositiamo in loro nessuna speranza; è un fatto che nel nostro paese, in Cile, Paraguay, Uruguay e Brasile le privatizzazioni e le repressioni colpiscono come in qualunque governo liberista che essi, a sentire loro, ripudiano. Per quanto riguarda i governi della Bolivia e del Venezuela, non vi è dubbio di alcuni loro importanti gesti antimperialisti ( per esempio aver espulso l’ambasciatore di Israele durante l’ultimo olocausto palestinese). Però, poi, nei fatti Bolivia vede nel "capitalismo andino" la strategia del suo sviluppo e Venezuela parla di capitalismo di Stato senza espropriare i mezzi di produzione al capitale privato. Questo, da parte nostra, ci lascia molto perplessi visto che in questa fase storica parlare di antimperialismo mentre si sviluppano le relazioni di proprietà e di produzione capitaliste risulta una contraddizione mortale per un processo di cambio sociale radicale. É chiaro che non è possibile per un paese a capitalismo dipendente emanciparsi all’interno delle relazioni internazionali imperialiste. Ancora maggiore ambiguità proietta il governo del Venezuela quando chiede alle FARC della Colombia di disarmare e si limita a dichiarazioni di "appoggio morale" alla lotta del popolo dell’Honduras contro il golpe militare.