APPELLO PER LA LIBERTÀ DI AHMAD SA’ADAT e ROBERTO MARTINO, DIRIGENTI POPOLARI PERSEGUITATI DAL SIONISMO!

La strada senza uscita della crisi economica mondiale obbliga chi è stato “democraticamente eletto” a dirigere una qualunque nazione, a costruire contemporaneamente, contro di noi, un consenso privo di diritti ed un controllo ancorato ad una legislazione liberticida atta a criminalizzare ogni nostra richiesta sociale organizzata.
Fermare la repressione del capitalismo globalizzato, fatta di elementi di evidente fascistizzazione nazionali, è uno dei punti ineludibili a carico di tutti i militanti dei movimenti popolari.
Organizzare la solidarietà per chi è oggetto di questa repressione è una delle garanzie per la nostra stessa libertà.

APPELLO PER LA LIBERTÀ DI AHMAD SA’ADAT e ROBERTO MARTINO, DIRIGENTI POPOLARI PERSEGUITATI DAL SIONISMO!

Ahmad Sa’adat del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e Roberto Martino del Fronte di Azione Rivoluzionaria (FAR) argentino stanno pagando con la prigione la loro
determinazione a mostrare il vero volto del sionismo, di come esso operi dentro e fuori Israele.
La repressione alla quale i due leader sono sottoposti dimostra la volontà sionista di contenere, e
quando non è più possibile perseguire, ogni forma di opposizione e mobilitazione che inevitabilmente
nascono in Medio Oriente e nel resto del mondo in risposta alla criminale occupazione militare dei
territori palestinesi, ma soprattutto si diffondono ogni qualvolta questa oppressione prende sempre di
più i connotati del genocidio.

Il sequestro di Ahmad Sa’adnt nel 2006 e il suo trasferimento nelle carceri israeliane, dove è tuttora
detenuto in condizioni brutali, contribuiscono ad evidenziare l’avversione da parte delle forze di
occupazione sioniste a qualsiasi soluzione del conflitto israelo-palestinese che non preveda il totale
asservimento e/o espulsione e/o eliminazione della popolazione palestinese dai territori.
Roberto Martino, arrestato nel maggio 2010 dopo quasi un anno di latitanza, secondo l’accusa e
l’ambasciata israeliana di Buenos Aires, è responsabile di essere l’ideatore e organizzatore delle
mobilitazioni anti-sioniste in Argentina e perciò perseguibile.
La persecuzione dei due leader rende evidente le ragioni extra-giudiziarie che hanno determinato il
loro arresto: organizzare nelle diverse forme la protesta nei confronti degli scellerati progetti dello
stato d’Israele per raggiungere il totale controllo della Palestina con o senza i palestinesi; denunciare
l’arroganza sionista di determinare e influenzare governi ed istituzioni sovrani; mostrare la totale
dipendenza e collusione di questi ultimi e delle loro classi dirigenti all’imperialismo sionista; asserire
il diritto del popolo palestinese alla resistenza; accusare quelle organizzazioni e associazioni
internazionali sioniste che agiscono nei paesi stranieri e per conto dello stato d’Israele.

L’attività di repressione attuata contro Ahmad Sa’adat, Segretario Generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, ristretto in condizioni disumane in qualche prigione del deserto del Negev (Israele), e quella contro Roberto Martino, Segretario Generale del Fronte di Azione Rivoluzionaria, ristretto nel carcere di massima sicurezza di Marcos Paz (Argentina), tolgono ogni dubbio sull’aggressività e sulle forze messe in campo dal sionismo per ridurre al silenzio ogni forma
di mobilitazione anti-israeliana interna e all’estero. Con la forte impronta imperialista e fanatismo
sionista che suggeriscono le manovre dello stato israeliano nella gestione del “problema” palestinese è
ovvio che l’operato israeliano non sia circoscritto alla sola amministrazione militare dei territori
occupati, normatizzando la cancellazione fisica (assassini ed esecuzioni mirati, carceri, torture), ma
transnazionalizzi il conflitto e non solo limitandosi a destabilizzare l’intera area mediorientale.
La nascita di collaborazioni, di alleanze o di rapporti di subordinazione con paesi e governi
apparentemente incompatibili rispondono a questa volontà. La convergenza d’intenti si realizza nelle
cooperazioni che si instaurano fra i due paesi o meglio tra le rispettive classi al potere, servizi segreti,
eserciti, che si saldano ancor di più quando, oltre a proteggere gli interessi israeliani e mettere a
tacere chi denuncia il terrorismo sionista, coloro che alzano la bandiera della legittima lotta palestinese sono anche coloro che portano avanti la costruzione e l’organizzazione di un’opposizione popolare contro la classe nazionale al potere.

L’impronta anti-capitalista e la costruzione di organizzazioni di massa che definiscono il Fronte di Azione Rivoluzionaria in Argentina e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina sono indubbiamente gli elementi che hanno portato alla convergenza delle attività delle autorità repressive argentine e israeliane.

Ancora una volta la solidarietà internazionalista è quella che più preoccupa le forze imperialiste e più reazionarie; ancora una volta è possibile sostenere che il nemico è unico, ce lo insegna il capitalismo e le sue infrastrutture quando scaricano le crisi finanziarie e le loro nefandezze con un’unica discriminante, quella di classe. Ma ce lo insegnano soprattutto le battaglie di Roberto Martino e Ahmad Sa’adat che pagano con il carcere il diritto dei popoli ad una vita dignitosa.

Ahmad Sa’adat (1953). Il segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina è stato condannato nel 2008 da una illegittima corte militare israeliana a 30 anni di prigione con l’accusa di “essere membro dell’organizzazione illegale Fronte popolare per la liberazione della Palestina, occupare un posto di rilievo nella suddetta organizzazione e per incitamento”, per il suo discorso seguito all’assassinio del precedente segretario del Fronte, Abu Ali Moustafa ucciso il 27 agosto 2001 mentre si trovava nel suo ufficio a Ramallah con un razzo telecomandato. In quel discorso Sa’adat aveva chiaramente condannato il crimine e fatto appello alla resistenza. Il 17 ottobre 2001, le brigate Abu Ali Moustafa rivendicano l’uccisione del ministro ultranazionalista e razzista del turismo israeliano Revaham Zeevi, che aveva caldeggiato le uccisioni mirate dei leader palestinesi.

Sa’adat viene ritenuto mandante morale dell’uccisione e il capo della forza di sicurezza preventiva palestinese, Jibril Rajoub, dichiara fuorilegge le Brigate Abu Ali Moustafa. Pone inoltre un ultimatum a Sa’adat: dissociarsi o farsi arrestare.

Sa’adat viene arrestato il 15 gennaio 2002 dalle forze dell’intelligence palestinese dopo essere stato convocato ingannevolmente per un meeting.

In seguito ad un accordo tra l’autorità nazionale palestinese e gli israeliani viene trasferito insieme agli esecutori materiali dell’uccisione di Zeevi nella prigione di Jericho dove viene tenuto sotto sorveglianza da una forza multinazionale composta da guardie statunitensi e inglesi. L’allora presidente palestinese Arafat, dopo aver permesso il suo arresto, sotto pressione popolare dichiara che Sa’adat è un leader politico e pertanto non giudicabile da una corte militare israeliana.

L’alta Corte di Giustizia palestinese nel giugno del 2002 stabilisce che non ci sono prove che mettano in relazione Sa’adat con gli addebiti a lui contestati e non ci sono motivi perché la sua detenzione continui. Molti sono gli appelli internazionali per la sua liberazione, tra cui quello di Amnesty International.

Nel 2006 l’esercito sionista attacca la prigione di Jericho e preleva Sa’adat e altre centinaia di prigionieri.

Dal 2008 l’isolamento di Sa’adat è stato rinnovato più volte dalle corti israeliane.

Attualmente si trova in isolamento presso la prigione di Ramon nel deserto del Negev. Sebbene si trovi già all’interno della sezione d’isolamento della prigione, Sa’adat è sottoposto ad ulteriore
regime d’isolamento all’interno della sezione stessa, venendo infatti privato anche del contatto con gli altri prigionieri in isolamento, così come dei diritti umani più fondamentali.
Gli è stata confiscata la collezione di libri personale, può leggere i giornali in sola lingua ebraica una
volta alla settimana. Non ha accesso ad altri giornali (in inglese o in arabo). Le visite dei famigliari
gli vengono costantemente negate. La moglie ha potuto visitarlo solamente due volle nell’intero
periodo di isolamento. Ugualmente le visite degli avvocati gli sono negate. Non può effettuare alcun
acquisto presso i negozi all’interno della prigione, anche le sigarette gli sono quindi negate. Gli è
permessa una sola ora d’aria durante la quale viene tenuto ammanettato ai polsi ed incatenato alle
caviglie nel cortile della prigione. Le amministrazioni delle prigioni tentano di criminalizzare ed
ostacolare le relazioni umane e sociali tra prigionieri e tra prigionieri e le loro famiglie.
Ahmad Sa’adat paga con condizioni carcerane disumane il fatto di essere un leader politico
determinato a capo di una formazione, il Fronte popolare di liberazione della Palestina, che non ha
mai abbandonalo i suoi ideali di lotta e resistenza contro l’imperialismo ed il sionismo, un progetto di
liberazione quindi non relativo alla sola Palestina o Medio Oriente ma che ha e deve necessariamente
avere un respiro internazionale.

Sa’adat nel 2009 ha lanciato uno sciopero della fame di 9 giorni contro l’isolamento. Tale isolamento
danneggia gravemente la salute fisica e psicologica dei prigionieri palestinesi ed è uno strumento con
cui le forze d’occupazione puniscono ed isolano i prigionieri politici palestinesi. Alcuni prigionieri
sono stati soggetti di isolamento per anni e le gravi conseguenze sono state più volte documentate.

Roberto Martino (1951). Operaio elettricista e figlio di un lavoratore-sindacalista del settore
zuccheriero- è stato un giovane dirigente del “Partido Revolucionario de los Trabajadores – Ejército
Rcvolucionario del Pueblo” (PRT-ERP) della Provincia di Tucumán.
Quando nel 1976 i militari realizzano il colpo di Stato, Roberto Martino è tra i pochi quadri che,
scegliendo una lunga semi-clandestinità, si rifiutano di obbedire all’indicazione del PRT-ERP di
lasciare l’Argentina.

Dalla Provincia Tucumán si reca a vivere nella città di Florencio Varela, appartenente alla zona sud
della Grande Buenos Aires ed abitata da proletari e sottoproletari. Da allora il suo deciso e continuo
impegno per l’emancipazione economica della sua classe non ha avuto momenti di sosta. Con altre
compagne e compagni ha fondato il Movimento Teresa Rodrigues (MTR) e successivamente il Fronte di Azione Rivoluzionaria (FAR). Nel gennaio 2009 MTR e FAR sono i promotori delle manifestazioni di solidarietà al Popolo palestinese -e di dura condanna al massacro operato dai sionisti nella Striscia di Gaza- che a Buenos Aires e nel resto dell’Argentina portano nelle piazze migliaia di manifestanti.

Il totale e partecipato appoggio alla lotta del Popolo Palestinese, reiterato nella simbolica contro-manifestazione del 17 maggio 2009 opponentesi alla “celebrazione” del 61° anniversario dello Stato di Israele -“celebrazione” voluta dal sindaco fascista di Buenos Aires con la presenza dell’ambasciatore israeliano- provoca una feroce risposta sionista. Il gruppo di circa 30 compagni/e, di cui cinque poi catturati ed arrestati, che realizzava la simbolica contro-manifestazione viene accusato di aver aggredito 500 uomini della sicurezza (guardie del corpo dell’ambasciatore, Polizia Federale e membri della Organizzazione Sionista Argentina (OSA)) con il fine di attentare alla vita dell’ambasciatore stesso. Su questa gravissima accusa, totalmente falsa, viene attuata dalla polizia la perquisizione dei locali dell’MTR. In questa perquisizione, illegale doppiamente in quanto anche eseguita senza la presenza di alcun testimone di parte, vengono “ritrovate” bottiglie “molotov” e due revolver. Sulla base di questo ritrovamento verranno incarcerati altri dieci compagni/e. Tutti/e saranno poi scarcerati tra maggio e luglio.

Ma la fortissima pressione dell’ambasciata di Israele sul governo argentino produce un mandato di cattura internazionale contro il Segretario generale dell’MTR. Roberto Martino viene arrestato il 4 maggio del 2010 sotto le accuse di: terrorismo (prepotenza ideologica), appartenenza ad organizzazioni illegali (MTR e FAR, allo scopo di dichiararle illegali), odio razziale aggravato da antisemitismo e detenzione illegale di armi da guerra (le “molotov” ed i revolver “ritrovati dalla polizia nella perquisizione di cui sopra).

A fronte di questo coacervo di illegalità investigative e giuridiche, anche la Segreteria (argentina) dei Diritti Umani interviene, chiedendo la immediata scarcerazione di Martino.

Il 16 agosto il Tribunale gli nega la libertà, pur assolvendolo dai gravissimi reati di terrorismo, appartenenza ad organizzazioni illegali ed odio razziale aggravato da antisemitismo.

Martino resta quindi in carcere per detenzione abusiva di armi da guerra una accusa che, oltre a risultare inconsistente, è, nella prassi giuridica argentina, sanzionata AL PIÙ con gli arresti domiciliari.

Contro questa sentenza, le associazioni sioniste AMIA, DAIA ed OSA hanno però fatto ricorso chiedendo che siano riconosciuti gli altri gravissimi capi di imputazione. A questo proposito fa testo la conferenza stampa del vicepresidente della AMIA, Ángel Barman che ricorda “ … che visto l’attuazione rapida e precisa (maggio 2009 e maggio 2010) del Governo argentino, non dubito che tutta questa gente sarà sradicata …”.

In concreto una istigazione neanche mascherata alla eliminazione fisica.

Il fatto che si stia tentando di mettere nella stessa sezione carceraria -Martino è detenuto nel carcere di massima sicurezza di marcos Paz- quattro elementi fascisti che hanno sparato contro un corteo di operai/e in sciopero nel cui servizio d’ordine erano presenti militanti dell’MTR e del FAR (un operaio di 23 anni è morto, Mariano Ferreyra, tre risultano feriti di cui una in coma Elsa Rodríguez) è totalmente allarmante.

È in questo contesto che Roberto Martino inizierà uno sciopero della fame il 10 novembre; un gruppo di militanti popolari e di attivisti dei diritti umani seguirà la sua decisione a partire dal 15 novembre.

La repressione che stanno subendo questi uomini, come le migliaia di palestinesi e oppressi in Argentina e in tutto il mondo, non può che non essere un invito per la costruzione di un’alternativa internazionalista che includa tra i requisiti una lotta comune per la liberazione di tutti i popoli e la creazione di strutture e organizzazioni popolari che mettano in discussione non solo i danni e le conseguenze della globalizzazione e dei suoi attori (yankee, sionista..), ma si adoperino per l’affossamento del capitalismo e dell’imperialismo.

Firmare questo appello significa esprimere solidarietà a AHMAD SA’ADAT e ROBERTO MARTINO, sostenere la loro determinazione nella lotta, la loro resistenza all’ingiusta prigionia e soprattutto la loro liberazione.

i promotori: “brigate di solidarietà e per la pace”

UNIONE DEMOCRATICA ARABO PALESTINESE

seguono Firme Individuali e Collettive – ITALIA:

Precari Auto-Organizzati – Pisa

Andrea Assante – lavoratore precario – Livorno

Collettivo Universitario – Pisa

William Benedetti – studente lavoratore – Livorno

Fabrizio  Bertini – attivista del movimento No inceneritori – Pistoia

Giovanni Ceraolo – lavoratore precario – Livorno

Spazio Autogestito Newroz – Pisa

Angela Cinque – pensionata – Firenze

Stefania Costantini – insegnante – Pisa

CSOA Godzilla – Livorno

Pino Di Leo – artigiano – Siena

Confederazione Cobas – Pisa

Andrea Gorini – pensionato – Firenze

Michela Marconcini – impiegata – Pisa

Sonia Di Leo – studentessa ed artigiana – Siena

Federico Giusti – RSU P.I. – Pisa

Mauro Pellizzi – insegnante precario – Siena

Centro Politico 1921 – CP 21 Livorno

Giancarlo Piampiani – agricoltore – Firenze

Piero Sabatini – giardiniere – Firenze

Paolo Seroni – operaio elettricista – Firenze

Comitato Pistoiese per la Palestina - Pistoia
Spazio Liberato Ex Breda Est - Pistoia
Guido Martelli – impiegato – Firenze

Confederazione Cobas Pistoia - Pistoia

Forum Palestina

Pierino Pampaloni – artigiano – Firenze

Rossella Cirri – lavoratrice precaria – Firenze

Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos” – Campi Bisenzio (FI)

Campagna per la Liberazione di Ahmad Saa’dat

Carlo Dami – pensionato – Pistoia

Campagna Palestina Solidarietà – Marche

Confederazione Cobas – Firenze

Maurizio Armonico – infermiere – Firenze

Movimento di lotta per la casa – Firenze

LabAct Incursioni Urbane & Ultimo Teatro – Pistoia

Associazione “Ya Basta” – Marche

Centro Popolare Autogestito” – CPA – Firenze Sud

Assemblea Spazi Autogestiti” – ASA – Lucca

Stefano Citti – insegnante precario – Lucca

Massimo De Servi – lavoratore impresa traslochi – Lucca

Donatella Cavagnaro – lavoratrice precaria- Lucca

Ilaria Marcheschi – impiegata – Lucca

Francesca Occhipinti – lavoratrice precaria- Lucca

Federico Petretti – operaio – Lucca

Lorenzo Passaglia – lavoratore precario – Lucca

“Student Progressive Labor Front” – Abu Dis

“The Progressive Students Labor Front – Al Quds Open University”- Gerusalemme

“Progressive Democratic Studental Pole”- Birzeit