IN RICORDO DI ALFONSO BAUER PAIZ.

L’11 luglio scorso è morto a Città del Guatemala Alfonso Bauer Paiz, l’ultimo dei protagonisti sopravviventi della Rivoluzione del 20 ottobre del 1944.

Durante i governi popolari di Arévalo (1944-1951) e di Arbenz (1951-1954) ebbe incarichi di grande responsabilità nei settori dell’economia, del lavoro e della riforma agraria. È appunto esercitando questi mandati che si scontrò duramente e personalmente con l’ambasciatore degli Stati Uniti. Questo governo, allora presieduto da Henry Truman, deciderà infine, nel 1954, che l’esperienza “comunista” in atto in Guatemala stava minacciando la sua sicurezza da cui la decisione di “cancellarla” attraverso l’invio, dall’Honduras e dal Nicaragua, di truppe mercenarie finanziate e dirette dalla CIA.

Su questa sconfitta popolare molto si è detto.

Il “Che” trasse da essa le convinzioni che lo portarono ad agire come sappiamo.

Alfonso, ci dirà nel 2003 che lui, come Luís Cardoza y Aragón, era totalmente convinto che il popolo voleva combattere per la propria libertà e che armandolo era possibile vincere.

Ma il loro parere non venne neppure preso in considerazione. Alfonso si rifugiò in Messico e poi, nel 1971, a Cuba. Una cosa è però certa: il non combattere contro l’imperialismo statunitense e la borghesia guatemalteca al fine di evitare un massacro, si rivelò una decisione funesta.

Il popolo guatemalteco l’ha pagata con una guerra civile che dal 1954 al 1996 ha mietuto apertamente 250.000 vite ed altre 50.000 sotto la forma di “desaparecidos”.

Dunque un vero e proprio genocidio, così giudicato anche da una Commissione delle Nazioni Unite (basta leggere la relazione da essa prodotta nel 1999, “La Memoria del Silenzio”). Genocidio che non ha però mai raccolto nessuna “attenzione” né giuridica né mediatica a differenza di quanto ha fatto e sta facendo la Corte del Tribunale P.I. dell’Aia, i giornali e le televisioni italiane ed europee, per la guerra civile in Jugoslavia.

Dopo la firma degli Accordi di Pace del 1996, le BRISOP si sono incontrate tre volte con Alfonso: ricordiamo come particolarmente interessanti i suoi ricordi e le sue riflessioni sul “Che”, che lui ospitava nella sua casa, in Messico, nell’attesa dell’imbarco sul Granma; e con molto affetto i suoi elogi, forse eccessivi, alla proiezione nella Università San Carlo del nostro documentario “Guatemala”, presente assieme a lui un’altra notevole figura della rivoluzione guatemalteca: Aura Marina Arriola Pinagel.

Ai compagni guatemaltechi che con lui hanno lavorato e lottato, ed ai suoi familiari il nostro forte”Presente!”.