SIRIA, SOSTENERE IL CAMPO DELLA RESITENZA

di Amal Saad-Ghorayeb

dal sito alahram.com
SOSTENERE LA RESISTENZA, NON IL REGIME
Giovedì 5 luglio  2012
Sebbene i sostenitori della “sollevazione” siriana da una parte e
coloro che sostengono la Terza Via rigettando sia l’opposizione che il
regime da un’altra siano numericamente superiori, una significa
minoranza di militanti di sinistra arabi, nazionalisti e persino
islamisti si sono schierati a fianco del regime di Assad contro
l’attacco imperialista-sionista-

petromonarchico (ovvero condotto dalle
monarchie del Golfo) condotto contro la Siria.  Articolerò la
posizione del “campo della resistenza” che è strettamente identificato
con la posizione di Hezbollah sulla Siria e spiegherò le motivazioni
razionali che ci sono dietro la sua posizione discussa e impopolare.
E’ importante chiarire qui che questa posizione non è un sinonimo di
una posizione che sostenga il regime di Assad in sé o della posizione
di coloro che lo sostengono per ragioni non correlate ad analisi e
considerazioni  antiimperialiste o antisioniste: come suggerito dal
nome, è una posizione che è definita in primo luogo dalla priorità
accordata alla liberazione della Palestina e, più genericamente, la
liberazione della regione dall’imperialismo e il valore di Assad per
entrambi questi obiettivi.  Senza dubbio, lo scenario ideale di azione
sia per gli imperialisti che per i sionisti è uno scenario che
implichi un Assad svuotato di potere e contenuti, sottomesso e, di
conseguenza, manovrabile. Questa analisi è sostenuta da una logica o
razionalità della resistenza- un modo di pensare che, per utilizzare
le parole di Seyyid Hassan Nasrallah “vede gli eventi della regione
attraverso le lenti della problematica relativa a Israele.. ovvero
come i sionisti valutano minacce e pericoli, come agiscono e quali
eventi considerano opportunità.” Nel caso della Siria questa
razionalità della resistenza ”fa un passo indietro dai dettagli e
guarda al disegno complessivo” per citare nuovamente Nasrallah. E il
disegno complessivo rappresenta gli Stati Uniti e Israele che si
rapportano alla lotta per l’identità politica della Siria e le fedeltà
straniere.

L’estromissione di Assad è funzionale agli interessi statunitensi-israeliani.

Mentre alcuni analisti hanno argomentato che Israele e gli Stati Uniti
avrebbero preferito che Assad rimanesse al potere, dato che è più
facile avere a che fare con “un diavolo che conosci piuttosto che con
uno sconosciuto”, il loro sostegno attivo politico e militare agli
elemento dell’opposizione siriana-sostegno che è antecedente alla
formazione del Consiglio Nazionale Siriano e all’Esercito Siriano
Libero come rivelato dai documenti dell’ambasciata statunitense
trapelati e pubblicati daWikileaks- oltre alla loro retorica
ufficiale, hanno provato il contrario.

Senza dubbio, lo scenario ideale sia per gli imperialisti e i sionisti
è uno scenario che preveda un Assad privato di prerogative, sottomesso
e quindi manovrabile. Ma dato che il regime si è rifiutato di
capitolare di fronte alle pressanti e durature richieste
statunitensi-israeliane di abbandonare i movimenti di resistenza e
separarsi dalla questione iraniane, il suo rovesciamento è visto come
il migliore scenario prossimo.  I benefici strategici per gli Stati
Uniti e Israele hanno maggior peso di rischi e incertezze che
potrebbero circondare il futuro della Siria, e specificatamente, il
ruolo degli Islamisti nel costruirlo. L’ex presidente del comitato
degli Affari Esteri e della Difesa presso il parlamento israeliano, la
Knesset, Tzachi Hanegbi, riconosce che  la crisi siriana rappresenta
una grande opportunità  per promuovere gli interessi israeliani: “Gli
eventi in Siria avranno un impatto più decisivo di quello di ogni
altro paese arabo,” ovvero che “l’estromissione del presidente siriano
migliorerebbe in maniera significativa la situazione strategica di
Israele.” Il collasso del regime di Assad “sarebbe un ulteriore colpo
per l’asse radicale” ha detto il ministro della Difesa israeliano,
Ehud Barak. Nel fare così,altererebbe drasticamente tutti i rapporti
di forza nella regione”, così come è stato elaborato dall’ex capo del
Mossad, Efraim Halevi.
Halevi prosegue: “Il terrorismo sponsorizzato dall’Iran sarebbe
visibilmente contenuto; Hezbollah perderebbe il suo vitalle canale
siriano verso l’Iran.. I guerriglieri di Hamas a Gaza dovrebbe
prevedere un futuro senza armamenti e addestramenti siriani; il popolo
iraniano potrebbe ancora una volta sollevarsi contro il regime…”
Nello stesso spirito, Washington considera la caduta di Assad come:
”la più grande sconfitta strategica dell’Iran degli ultimi 25 anni” e
il più efficiente mezzo per tagliare il legame tra l’Iran ed
Hezbollah, secondo il generale James Mattis, comandante delle forze
statunitensi in Medio Oriente.  I benefici strategici per gli Stati
Uniti e Israele hanno maggior peso di rischi e incertezze che
potrebbero circondare il futuro della Siria, e specificatamente, il
ruolo degli Islamisti nel costruirlo. Facendo eco all’asserzione di
Nasrallah che “C’è un consenso in Israele sul fatto che qualsiasi
alternativa in Siria è meglio del regime di Bashar al-Assad,” Halevi
dichiara “visto lo stato delle cose presenti, qualsiasi sostituzione
di Assad è meglio.” Sostenere la deposizione di Assad significa porre
sé stessi, per caso o per volontà, dalla stessa parte della trincea
delle forze oppressive e reazionarie. Questa valutazione è condivisa
da un certo numero di personalità politiche israeliane, incluso il
presidente israeliano, Shimon Peres, che ha descritto Assad sul 2o
canale israeliano come “il peggio che ci possa essereù2 tra tutte le
alternative, così come Barak nella sua intervista alla CNN con
Christiane Amanpour. Così come sostenuto da Hanegbi, le paure che gli
Islamisti sunniti causassero distruzioni alle soglie di Israele erano
completamente infondate dato che era “molto più probabile che i
successori di Assad cerchino di estromettere i sostenitori FRDELI
dell’odiato duo, Nasrallah e Ahmadinejad.” Parimenti ad Hanegbi,
Halevy prevede una Siria post-Assad che è dominata da una forza
islamica sunnita “moderata” e filo-imperialista che “non giungerà al
potere per lanciare un attacco contro Israele”.
Tali previsioni non sembrano forzate allorquando si consideri le
assicurazioni che l’ex-capo del Consiglio Nazionale Siriano Burhan
Ghalioun ha fornito ai suoi sponsor stranieri, ovvero che uno dei
principali ordini del giorno di un governo post-Assad sarà “rompere il
legame eccezionale” tra la Siria e l’Iran e gli Hezbollah. Le
valutazioni sono ulteriormente suffragate dai contatti
“semi-ufficiali” tra Consiglio Nazionale Siriano e Israele,
pubblicamente noti e ben documentati.
Anche se le figure di spicco dell’opposizione siriana che collaborano
con Israele appartengono quasi esclusivamente ad una opposizione
finanziata dall’estero e basata fuori dalla Siria, rimane il fatto che
l’intera sollevazione favorisce il sostegno allo stesso arco di forze
che hanno sostenuto Israele e lo hanno spronato a distruggere
Hezbollah nel 2006 e Hamas nell’inverno 2008/2009. E’ per questa
ragione che l’insurrezione siriana sostenuta da Stati Uniti, Israele,
NATO, petromonarchie del Golfo è vista dal campo della resistenza come
una estensione sia di  queste guerre contro i movimenti di resistenza
che un tentativo di “reintrodurre” il progetto “Nuovo Medio Oriente”
“attraverso altre porte”, per citare Nasrallah.
Si può obiettare che è possibile condividere un interesse politico con
gli Stati Uniti o Israele senza permettere che altre potenze
beneficino dalla stessa convergenza. In realtà, sostenere il
rovesciamento di Assad siginfica allinearsi, per caso o volontà, dallo
stesso lato della trincea dove si trovano le forze oppressive e
reazionarie. Dato che la giustizia è quasi sempre situata in maniera
diametralmente opposta a dove si situano imperialismo e sionismo su
una data questione- considerando che  entrambe le forze sono la più
chiara incarnazione dell’ingiustizia- tale allineamento non può essere
accantonato come una coincidenza indesiderabile o un beneficio
strategico. Sebbene si verifichi raramente, si può obiettare che è
possibile condividere un interesse politico con gli Stati Uniti o
Israele senza permettere che altre potenze beneficino dalla stessa
convergenza. Un tale esempio è la destituzione del nemico di lunga
data dell’Iran, Saddam Hussein, da parte degli Stati Uniti, di cui ha
in maniera chiara beneficiato la Repubblica Islamica. Ma nonostante
gli interessi condivisi verso la sua destituzione, gli obiettivi
strategici degli Stati Uniti in Iraq non richiedevano che l’Iran
condividesse tutti gli interessi che sarebbero serviti a portare e
termine il rovesciamento di Saddam.  Infatti, molti a Washington hanno
lamentato la misura in cui l’Iran ha acquistato più potere giovandosi
della caduta di Saddam, anche prima che il controllo dell’Iran cadesse
nelle mani dell’Iran dopo che gli Stati Uniti avevano ritirato il
grosso delle loro truppe. Per contrasto, se le forze della resistenza
condividessero gli interessi imperialisti nel rovesciamento di Assad,
farebbero il suo gioco, dato che la destituzione di Assad è concepita
come un mezzo per separare la Siria dall’asse della resistenza e per
indebolire l’Iran e i movimenti della resistenza.  In questo
collegamento, l’abbandono da parte del campo della resistenza del
fulcro del fronte della resistenza accelererebbe soltanto i disegni
strategici degli Stati Uniti e di Israele nella regione e minerebbe il
progetto della resistenza in Libano, Palestina e oltre.  Inoltre,
considerando che lo schema degli Stati Uniti e di Israele richiede un
asse Iran-Siria-Hezbollah-Palestina indebolito per il compimento dei
suoi obiettivi strategici, il tradimento del regime di Assad da parte
del campo della resistenza sarebbe equivalente ad un suicidio politico
e da qui, ad una cessione de facto del Levante all’Imperialismo su un
piatto d’argento.
La sollevazione  non è una rivoluzione
Dalla prospettiva del campo della resistenza, è proprio questo
sostegno alla sollevazione organizzato da Stati
Uniti-NATO-Israele-petromonarchie che la rendono di gran lunga
inferiore ad una rivoluzione popolare, piuttosto ne fanno una
insurrezione foraggiata dai petrodollari e pilotata dall’Impero. Dato
che i leader dell’ordine mondiale dalla propria parte sicuramente
intendono che la “rivoluzione” sarà usata solo per perpetuare
quell’ordine mondiale. Anche se c’è un riconoscimento che parte
dell’opposizione è costituita da un movimento legittimo, interno che
ritiene che la sua rivoluzione sia stata “sequestrata e dirottata” da
queste potenze straniere e dai loro delegati stranieri, la logica
della resistenza impone che qualsiasi causa “dirottata” dal sionismo,
imperialismo statunitense e stati arabi “moderati” cessi di essere
effettivamente una giusta causa e diventi la causa dell’agenda
reazionaria e imperialista di qualcun altro. Inoltre, dato che i
leader dell’ordine mondiale dalla propria parte sicuramente intendono
che la “rivoluzione” sarà usata solo per perpetuare quell’ordine
mondiale- in altre parole sarà utile solo come contro-rivoluzione per
ostacolare qualsiasi genuino tentativo di reindirizzare i vasti
squilibri politici ed economici che caratterizzano il prevalente
status quo globale. Stando così le cose, coloro che si definiscono di
sinistra e sostengono l’opposizione siriana non possono, e non ci
sarebbe nessuna definizione marxista a suffragarli, considerare se
stessi parte di una “guerra di posizione” contro-egemonica secondo la
definizione di Gramsci, dal momento che sarebbero allineati alla
stessa posizione delle potenze egemoni.

Rimarrebbe questo il caso anche se assumessimo ipoteticamente che
l’opposizione godesse dello stesso sostegno popolare del regime e
fosse guidata dalla classe lavoratrice. Come sottolineato da David
Fennel nel suo saggio illuminante sulla controrivoluzione in Libia,
“il marxismo comprende che un evento è determinato dalla totalità
delle forze agenti in esso.” Fennel va avanti citando la definizione
di Lenin di totalità come tenente conto di “tutte le forze, partiti,
gruppi, classi e masse operanti in un dato paese.” In altre parole,
quando viene formulata una posizione politica, un’analisi della
situazione della sola classe operaia non è sufficiente, ma bisogna
tenere conto di tutte le contraddizioni sociali, con speciale enfasi
sulle contraddizioni sociali che si verificano a livello del sistema
mondiale.
Amal Saad-Ghorayeb, studiosa e analista politica libanese. Autrice del
libro:  “Hizbullah: Politics and Religion”, e autrice del blog:  ASG’s
Counter-Hegemony Unit.