SULLA SITUAZIONE IN SIRIA

ROVESCIAMENTO DELLA PRASSI”

Come organizzazioni e collettivi politici afferenti al Coordinamento Guevarista Internazionalista abbiamo più volte espresso contributi sulla lettura della aggressione alla Siria. I nostri contributi sono andati nella direzione della necessità permanente di tentare di imporre il rispetto della sovranità nazionale del popolo siriano.

Queste righe si propongono semplicemente di innescare un immediato dibattito per rimettere sul tavolo l’urgenza di una sintesi teorica e soprattutto di una associata prassi di solidarietà internazionalista (pensiamo all’Italia ed all’Europa), in un momento di estrema difficoltà, come quello dell’attacco alla Siria il cui esito avrà funzione di forte condizionamento per il nostro sviluppo futuro.

A fronte dell’implementazione, costantemente accelerata, della volontà imperialista e dei suoi satelliti regionali di cancellare qualunque possibilità di sopravvivenza di quello che era un forte progetto politico laico e progressista -che vedeva e che vede nella Resistenza Palestinese un suo asse fondamentale- presente nell’ampio arco che dalla Libia andava all’Afghanistan passando per la Somalia, bisognerebbe denunciare quotidianamente i massacri che il popolo siriano subisce per questi tentativi imperialisti di realizzare nuovi assetti geopolitici. E sarebbe certo interessante analizzare il ruolo concreto di un alto (e criminale) funzionario come John D. Negroponte responsabile d’area per il suo governo in Viet Nam (1971-1973), in Centro America (1981-1985) in Medio Oriente dal 2033 ad oggi, per capire esattamente il filo nero della filosofia di genocidio che permea le relazioni internazionali degli Stati Uniti.

Dalla “lezione” siriana, con la sua specificità e complessità, crediamo di dover accettare la sfida che ci obbliga a “guardare” non fuori ma dentro di noi. Come marxisti, nella accezione arricchita dal contributo di Lenin e di altri rivoluzionari comunisti negli aspetti sia teorici che politico-militari, è impossibile non valutare l’esaurirsi progressivo della nostra capacità di costruire alternative reali alle politiche criminali del capitale finanziario globalizzato anche nell’attuale fase di aggressione materiale e strategica da esso sviluppata contro la vita stessa delle masse popolari.

Storicamente, questa capacità marxista aveva portato alla possibilità sul terreno del rovesciamento della prassi. La prima dimostrazione di ciò era stata la Rivoluzione Russa del 1917: la forza espressa dai soldati russi agenti all’interno della prima guerra mondiale è stata redirezionata all’interno della guerra civile per il superamento dell’imperialismo. Questo tipo di rovesciamento rivoluzionario si è ripetuto in distinti paesi e continenti attraverso la guida di partiti comunisti.

L’analisi scientifica della situazione che ha portato al presente è uno dei compiti difficili ed obbligati per ricostruire una prassi rivoluzionaria e nello spazio di questo contesto vogliamo aprire una riflessione su due elementi. Uno di essi è lo straordinario successo ottenuto nella fase di scontro iniziale dalla avanguardie comuniste nell’applicazione del metodo marxista: questo stesso grande successo ha avuto l’effetto di congelare in dogmi soluzioni legate alla fase ed alla specificità dell’esperienza, ed ha impedito con ciò la continuità della vitalità del metodo. L’altro sta invece nell’attento studio e nella comprensione da parte dell’imperialismo della teoria e della prassi rivoluzionaria marxista e, in primis da parte degli Stati Uniti, della sua “originale” appropriazione controrivoluzionaria del rovesciamento della prassi. Così è stato per i principi della guerra rivoluzionaria: dal loro uso nelle mani delle forze popolari, al loro uso nelle mani delle forze di repressione. Per esemplificare, gli Stati Uniti hanno creato l’USAID ed ha operato in America Latina in base a questi assi teorici.

Una modalità di azione utilizzata anche per le contraddizioni etniche e religiose: si è passati storicamente dal loro superamento attraverso la lotta antimperialista, al loro uso imperialista per sviluppare ed utilizzare guerre civili dirette dall’esterno.

Singolarmente illuminanti ci sembrano tre considerazioni di Fidel Castro da lui espresse nel “vicino” 2005. La prima è sulla Cuba del 1959-1963: “ Mi riferisco a gruppi irregolari armati che praticavano una specie di guerriglia contro di noi, perché i nordamericani sono svegli. Mentre gli amici sovietici erano molto lenti e molto accademici, i nordamericani, i militari nordamericani, sono più flessibili. Essi videro immediatamente che ricetta avevamo utilizzato per abbattere Batista, per vincere quell’esercito e che essa era la combinazione della lotta armata con la lotta del popolo … e trattarono d’usarla. Non rispettarono il nostro brevetto! Applicarono la ricetta a loro modo ed riuscirono a imporla. Ci sono costate più vite la lotta contro i banditi che la guerra stessa … i banditi si internarono nelle montagne dell’Escambray, ma noi inviammo lì 40 mila uomini tutti volontari … mai si usarono unità del servizio militare obbligatorio nella guerra sporca. Il concetto è questo: in un conflitto interno o in una missione internazionalista tutti i combattenti devono essere volontari”. La seconda è sul Nicaragua sandinista del 1982-1989: “Credo che lì ci sia stato un errore, anche se i sandinisti non possono essere incolpati, ed è che una guerra interna non la puoi fare con soldati del servizio militare. In virtù di una legge ti porti via un ragazzo lo mandi al combattimento e muore ed allora la famiglia pensa che è lo Stato, o la Rivoluzione … che gli ha preso questo ragazzo. Forse il prezzo più alto della “guerra sporca” lo hanno pagato proprio i sandinisti perché stabilirono il servizio militare, cosa che noi mai facemmo”. La terza è sull’Angola del 1976-1988: “Più di 300 mila cittadini (cubani) si offrirono come volontari (per andare in Angola). In Angola andavano solo volontari … questo era un principio che non si poteva violare … la guerra civile … come quella “guerra sporca” dell’Escambray non si può fare che con volontari … e una missione internazionalista non si può fare se non con volontari”.

Quelle di Fidel Castro sono certamente considerazioni autorevoli, storicamente datate ed chiaramente irripetibili, ma sicuramente importanti per comprendere che il conflitto indotto in Siria dall’imperialismo occidentale non può essere confinato politicamente “in un affare che riguarda solo i siriani”.